La sala del ristorante era al completo, dopotutto era un primaverile venerdì sera e il locale si trovava in una posizione strategica: una stretta via a pochi metri dalla famosa Piazza di Spagna.
Nonostante abitassero a meno di due ore di macchina dalla capitale, quando suo marito, Lorenzo, le disse che avrebbero trascorso il fine settimana a Roma Clara si sentì elettrizzata come uno studente prima di partire in gita scolastica.
La ragione di tale euforia risiedeva nel fatto che, dopo due appassionati anni di fidanzamento e tre di matrimonio, Clara avvertiva che qualcosa non stesse andando per il verso giusto.
Non che litigassero o che il loro reciproco amore si fosse affievolito: entrambi continuavano a nutrire verso l'altro una fortissima attrazione, solo che, secondo Clara, si stavano abituando a quella loro appagata vita insieme, come se un po' tutto fosse scontato.
Così lei non si stupiva più di trovare la colazione pronta quando lui usciva presto la mattina, e la cena, che inizialmente vivevano come un romantico appuntamento, era spesso silenziosa, accompagnata dal sottofondo del notiziario delle otto.
Era come se si fossero già detti tutto quello che c’era da dire e si limitassero a farsi trasportare. La decisione improvvisa di un fine settimana fuori dagli schemi era quello che ci voleva per ritrovare un po’ di complicità: Clara ne era convinta.
Ma, una volta giunti in albergo il venerdì mattina, Lorenzo, che lavorava nel campo delle assicurazioni, le disse che quella sera si sarebbero incontrati con due sue importanti clienti.
“ E io che pensavo sarebbe stata una piccola fuga, solo io e te “.
“ E lo sarà amore mio, ma è un appuntamento troppo importante, sono due soci di una famosa compagnia inglese, abbiamo avuto diversi contatti via email ma, prima di affidarmi qualche incarico, vogliono conoscermi di persona. Ti chiedo di avere pazienza e di supportarmi, sarà solo per poche ore, te lo prometto “.
Chiara lo assecondò, così ora si trovava seduta a un tavolo di quel ristorante con suo marito e due tizi sulla cinquantina, con la carnagione molto chiara e che parlavano solo uno strettissimo inglese.
Osservava suo marito: bello e rilassato, il suo inglese era impeccabile. Lei, invece, che non aveva dimestichezza con le lingue straniere, inizialmente cercò di stare attenta e di capire i loro discorsi anche osservando la mimica facciale, ma si perse ben presto, sentendosi isolata per il resto della serata. Ogni tanto Lorenzo allungava una mano e stringeva forte la sua, per farle intendere che tutto stava procedendo per il meglio e lei gli sorrideva compiaciuta.
Non avendo nient’altro da fare, Clara iniziò a osservare la sala, i quadri appesi alle pareti, i camerieri andare e venire, i commensali seduti ai tavoli accanto. Trovò il menù squisito, anche se l’abbacchio aveva una salsa a base di uvetta che lei detestava: con cautela, senza farsi notare, ne sputò un pezzetto nel tovagliolo che ripiegò in quattro e sistemò in un angolo del tavolo, poi si sciacquò la bocca sorseggiando un bicchiere di vino.
La cena stava per concludersi, Clara decise di non ordinare il dolce e di preservare quel piccolo peccato di gola al giorno seguente, quando avrebbe mangiato da sola con suo marito. Lorenzo e i suoi ospiti, invece, ordinarono dei digestivi.
Faceva molto caldo e Clara uscì a prendere una boccata d’aria, si andò sedere su di un muretto appena fuori dal locale. Notò immediatamente un giovane: poggiato con la schiena contro il muro, la gamba destra piegata e la punta del piede che tamburellava contro il suolo. Quando il suo sguardo risalì sull’intera figura si accorse che lui le sorrideva: distolse lo sguardo imbarazzata. Restando a una certa distanza, lui le disse: “ Serata noiosa? “ .
“ Scusi? “, fece lei, con un pizzico di meraviglia misto a irritazione.
Lo guardò meglio: era più giovane di lei, sicuramente aveva meno di trent’anni, i capelli castano chiaro e un bel sorriso.
“ Mi scusi “, continuò lui, “ ma non ho fatto a meno di notarla, prima, dentro la sala “. Clara, invece, non si era accorta della sua presenza prima di quel momento. “ Anch’io mi annoiavo, sono stato trascinato ad una cena da degli amici che non vedevo da tempo e ora ho la certezza che avevo ragione a non volerci venire “.
Clara si sentì a disagio e arrossì al pensiero che quel ragazzo potesse averla vista sputare un pezzo di carne nel tovagliolo.
“ Lei non è di queste parti? “.
“ No, io e mio marito alloggiamo in un albergo qui vicino, in via delle Carrozze “, lo disse tutto d’un fiato, sottolineando la parola “marito” onde evitare qualsiasi tipo di fraintendimento.
Lui rimase qualche secondo con lo sguardo perso nel vuoto, poi aggiunse: “ cosa ne dice se filiamo via? “.
“ scusi? “, rispose Clara a quella domanda che trovò essere decisamente inopportuna.
“ io sarei già andato, ma mi sembrava brutto, se lo facciamo insieme mi sentirò meno in colpa “.
“ Ma cosa dice! Io non so neppure chi lei sia e dovrei seguirla? “.
“ Non seguirmi, la riaccompagno solo in albergo, saremo solo due persone annoiate che fanno due passi “.
“ Ma sta scherzando? Lei potrebbe essere un ladro o un maniaco, perché mai dovrei farlo? “.
Lui sorrise. “ perché ha bisogno di finire la serata in altro modo, di cancellare quel brutto broncio, e comunque non sono un ladro né tantomeno un maniaco”.
Si avvicinò, le allungò una mano che, istintivamente, quasi senza accorgersene, Clara afferrò, facendosi sollevare da quel muretto.
“ È una pazzia, non andare", si disse, ma in quel momento, persa negli occhi verdi di quel ragazzo, il suo corpo si mosse quasi fosse scollegato dalla ragione.