Una notte gelida di marzo nell'equinozio di primavera, con la luna piena che illuminava a giorno le montagne cristalline e la vallata verde, nella stalla si consumava una tragedia: una vita nasceva e una si spegneva.
Bart venne alla luce con molta fatica aiutato dal veterinario e dal padrone, che non sopportava di veder soffrire i suoi animali. Nonostante ciò la giovane mucca non resse alla fatica del parto e morì subito dopo.
Il piccolo era debole e se ne stava rannicchiato sulla paglia pulita emettendo solo un flebile lamento.
La padrona premurosa mi diede un secchio di farina lattea appositamente preparato, da cui avrebbe potuto succhiare il latte dalla grossa tettarella: << Ti ho preparato una miscela di farine molto nutriente che lo aiuterà a crescere. Dovrai pensarci tu >>
Il veterinario scosse la testa << Mi spiace Maria, ma se non si mette in piedi da solo nelle prossime ore dovremo abbatterlo. Non è destinato a diventare adulto >>
<<Lo dite voi- protestai- Lasciategli riprendere un po' di fiato e vedrete che bel torello diventerà >>
Il padrone e la padrona sorrisero tristemente consci che il piccolo non ce l'avrebbe fatta.
Non mi sarei arresa e cominciai subito a stimolarlo a mangiare.
Non ne voleva sapere di mettersi in piedi e a nulla valsero le mie insistenze, quella notte dormii nella stalla vicina al vitellino sopra una balla di paglia e, miracolo, verso mattina si sollevò sulle gambe deboli e barcollanti. Alla faccia delle previsioni funeste del veterinario.
Alle prime luci vennero gli uomini con la gru per portare via il corpo della mucca e portarlo da qualche parte.
Bart cominciò a mangiare, dapprima con poca voglia e via via con sempre più appetito, le sue pappe di farine di cereali erano molto nutrienti e sempre pronte perché la padrona era molto premurosa. Al mattino mi portò una tazza di latte caldo appena munto e alcune fette di polenta abbrustolite sulla griglia, mi portò anche un vasetto di marmellata di more raccolte intorno alla fattoria.
Mi volevano bene e mi trattavano come una figlia, mi regalavano sempre un vestito nuovo a Pasqua e a Natale e per la festa del paese ero sempre la più ben vestita anche se ero senza genitori.
Bart prese a nutrirsi regolarmente e dopo un mese cominciò anche ad assaggiare del fieno.
Cresceva bello e robusto non sembrava più il ranocchio spaurito che era alla nascita.
A maggio, lo portammo sul prato per la prima volta, per le mucche questa uscita fu una festa, sapevano che fra poco sarebbero partite per l'alpeggio e saltellavano qua e là festose.
Bart non fu da meno saltellava come un capretto ma non si allontanava mai da me che ero oramai la sua mamma dichiarata, mi sedevo su un tronco di castagno lasciato a delimitare il confine del campo e lui mi stava sempre vicino.
Il padrone costruì per lui un bellissimo recinto delimitato da grossi pali e da un lato costruì una ampia tettoia sotto la quale posizionò un abbeveratoio ed una fontana che attingeva l'acqua direttamente dal vicino ruscello, decise di lasciarlo fuori la notte perché era abbastanza robusto da sopportarlo.
Cresceva a vista d'occhio e diventava sempre più bello, ricordava il toro sacro della mitologia, nemmeno Giove in persona era stato così bello.