Perché sto pensando al punto perfetto del poker? Il gioco è congegnato in modo da non avere alcuna possibilità di vincita sicura, però c’è una falla…
Scendo le prime scale mobili del metrò con questo pensiero in testa, dietro di me percepisco un sole cocente che improvvisamente ha sconfitto le nuvole, arrivo rapidamente alla luce innaturale dell’androne, c’è molta gente, è l’ora di punta, devo fare il biglietto, le macchinette sono tutte stranamente funzionanti, ne scelgo una, prendo anche quello del ritorno, meglio non sfidare la sorte.
I tornelli d’entrata fanno il loro dovere senza problemi, sei scale mobili, tutte funzionanti, ci sono tante persone, rigorosamente sulla destra, io non vado di corsa, ma voglio camminare, arrivo sulla banchina d’attesa, ci sono file ordinate nei punti in cui di solito si fermano le porte, il vento m’informa che sta arrivando il convoglio, mi metto in fila sperando di entrare.
Apertura porte, altre persone riescono a scendere senza dover spingere, ora siamo noi a salire senza problemi, mi ritaglio una nicchia accogliente ed inizio a guardarmi intorno, non mi piace mettermi in mano una qualunque macchinetta elettronica, è l’unico momento in cui posso guardare i miei simili, studiare i loro comportamenti, i loro tic, il loro nervosismo.
Stranamente vedo volti rilassati, un nonno ed un trentenne chiacchierano allegramente, sono padre e figlio? No, dai loro discorsi capisco che si sono appena conosciuti.
Due bambini giocano a voce bassa, si percepiscono appena le loro risatine.
Mi sposto, stiamo arrivando alla fermata successiva, molti scendono, pochi salgono.
A mezzo vagone di distanza uno zingaretto col suo violino inizia a suonare con maestria, una ragazza che era salita alla mia fermata dice: “Veloce il ragazzo, il volo del calabrone non è un pezzo difficilissimo, ma richiede molta concentrazione”.
Mi giro, si sta rivolgendo a me, i suoi splendidi occhi verdi arrivano prima del suo viso.
“Evidentemente è russo come l’autore ed è abituato a suonarlo da piccolo, l’acustica del vagone comunque lo aiuta, senza volerlo sminuire” ridendo mi risponde "E' vero, sta facendo un bel gruzzoletto, gli piace vincere facile!” la sua risata cristallina riesce a far sminuire l’attenzione dai suoi occhi per spostarla alla sua bocca senza trucco, ma anche senza inganno.
“Guardi, ci sono due posti” mi precede senza correre e si siede. Basta, ho deciso, le sue gambe hanno vinto!
“Ha notato che in questo vagone, fin dove può arrivare lo sguardo, stanno tutti parlando tra di loro senza avere gli occhi incollati a qualche diavoleria elettronica?”
Mi giro, in effetti l’avevo captato ma non recepito: “E' vero, molto strano, staremo vivendo in uno sbalzo spazio-temporale?”
“Beh, spero che mi ricapiti spesso, sono anni che prendo lo stesso vagone tutte le mattine e non mi era mai successo”.
Due porte più avanti un anziano signore di colore è appena salito, un ragazzetto con i capelli rasati, che avrei preso per un naziskin, gli fa cenno di sedersi al suo posto, anche loro iniziano a parlottare.
Mi giro verso Venere: “Ecco cosa succede a generalizzare, non avrei mai dato fiducia a quel ragazzo.” “Ha ragione, siamo schiavi dei pregiudizi, però mi darà ragione che di solito non è così perfetto ciò che vediamo” mi risponde.
Dissento mentalmente mentre cerco di non fare gli occhi da triglia.
“Prima stavo pensando al punto perfetto del poker…”
“… Le capitano due dieci, jack, donna e re, lei si tiene i due dieci e le arrivano gli altri due dieci ed un asso?”
“Già, nessuno può fare un poker superiore o una scala reale!”
“Ovviamente solo nel gioco a 32 carte.”
La prima risata complice di una lunga serie.
“Perché mi ci sono svegliato, se neanche gioco ai video poker?”
“Perché i risvegli sono il momento nonsense dalla giornata, io mi sono svegliata con la ricetta della frittata di cipolle!” ha un sobbalzo, guarda fuori…
“Mi scusi, devo scendere alla prossima.”
“Spero di rivederla, per un periodo dovrò prenderla anch’io a quest’ora” mento spudoratamente nel presente, ma dico la verità nel mio futuro.
Si alza dirigendosi verso l’uscita, la sua camminata mi fa decidere, ci sposeremo ed avremo dei figli, donna perfetta! Già, non ci siamo presentati… continuo a chiamarla Venere?
Controllo il nome della stazione, cavolo, la prossima è la mia, se lei non scendeva sarei arrivato fino al capolinea! Mi alzo, arrivo sulla banchina guardandomi intorno, una sensazione diversa mi pervade, ho la sensazione di essere tornato nella Roma di sempre, con i suoi problemi, la sua tristezza ormai decennale, un vecchietto mi scruta con i suoi occhi che hanno già visto tutto
“E’ tornato ad essere triste?” Lo guardo mentre un pensiero accompagnato da due occhi verdi si allontanano forse per sempre.
“Ho paura di si, perché sta succedendo?”
“Perché questa era solo una leggenda metropolitana”.