Anche la fauna dei responsabili del luogo era varia ed eventuale.
Il Capo era professionista di esperienza che si dibatteva tra conservazione e istanze giovanili (in qualche modo), anche se il Potere pareva restare immutabile.
Il vice parroco era solido burocrate.
Altri due mi rimasero impressi e furono quelli che, in fondo, m’insegnarono di più.
Il rigore del primo m’intimidiva e forse anche un po’ spaventava. Sono sempre stato un "nero o bianco, senza sfumature" ma lui mi sembrava eccessivo, anche più intransigente di me.
Non riuscì a superare il travaglio interiore che lo attanagliava e un giorno fu trovato impiccato al balcone di casa.
L'altro mi colpiva per la volontà di comprendere e far comprendere (in particolare a noi giovani) concetti come giustizia, libertà, pace, per i quali tuonava dal pulpito.
Mi colpì, molto favorevolmente, la notizia che qualche anno dopo aveva sciolto i voti, si era sposato, insegnava e continuava nel suo impegno sociale.
Verso la fine degli anni '60 arrivò la MESSA BEAT.
Ancora una volta i favolosi Black Sound, con l'apporto di Franco alle tastiere e la voce possente di Pina a guidare i brani. Ci si esibiva con strumenti elettronici in brani di giovane contemporaneità.
Regolarmente ci esibivamo nei locali del posto in feste interminabili. La prima serata ufficiale, dopo la festa per bambini del febbraio 1968, mi feci prendere dalla timidezza e non riuscii a salire sul palco. In seguito non ci fu più problema. I giovani aspettavano le nostre esibizioni: avevamo un certo numero di fan!
Comunque, quello che preferivamo era incontrarci, dialogare e cercare di divertirci.
Quanti pomeriggi a casa di Nicola, sul famoso vialone in salita, con Rosario, Luigi, Enzo, a parlare di futuro, di ragazze, di famiglie da coltivare e prevedere.
E a preparare scherzi per gli assenti o per i ritardatari di turno.
Con Rosario, Gianni, Pedro, Franco, Tonino e qualcun altro che non ricordo si organizzò il primo campeggio vacanziero/marittimo. Il primo ‘ufficiale’ era stato quello parrocchiale di qualche anno prima, a San Cataldo, sulle colline lucane, con Aldo e Nino a guidarci e ad accompagnarci a fare le nostre abluzioni quotidiane… nell’abbeveratoio delle vacche!
Imbarco per Procida con enorme tenda che ci avrebbe ospitato tutti. Non avendo molti soldi con noi, ci arrangiavamo con tanti panini e, spesso, solo pane e olio.
Una mattina venne loro un'idea spericolata e per me spropositata: il tuffo dal ponte che collega Procida all'isolotto di Vivara, alto circa sette metri!
Avevo una paura folle: non ero un tuffatore esperto e per giunta non ho mai amato particolarmente il mare come strumento di divertimento, pur essendo nuotatore provetto.
Ma la paura del tuffarsi fu inferiore alle difficoltà di tirarsi indietro e alle canzonature degli amici, così accettai la sfida e decisi di condividere l'esperienza.
Lo feci! Il solito tuffo "a candela" con la tremarella nelle gambe, ma tutto andò bene e riemersi dall'acqua abbastanza soddisfatto.
Devo confessare che tale esperienza non ho più avuto occasione né obbligo di doverla ripetere, per fortuna.
Un'altra volta, con Rino, si decise di raggiungere il suo amico Vittorio di stanza a Viterbo dove stava svolgendo il Servizio militare.
Chiaramente senza una lira, ci imbarcammo per la partenza il giovedì mattina, naturalmente in autostop. Fu dura raggiungere il casello autostradale, ma si doveva. Comunque sia, riusciamo ad arrivare a Viterbo e a incontrare l'amico di Rino, con il quale trascorremmo il pomeriggio e la cena. Nella stessa serata ritornammo a Roma, ma era impensabile pensare di voler arrivare all'Autostrada a quell'ora. Così cercammo dove dormire e ci rintanammo sotto a un portone non chiuso del tutto. Per ripararci dal freddo, qualche abbondante pagina di quotidiano! Un freddo intenso! La mattina dopo ripartammo alla conquista di un passaggio per Napoli, sempre in autostop. Si arrivò a casa nel primo pomeriggio e io mi stesi un po’ per fare un riposino, in attesa del richiamo di Margherita per la cena.
Inutile dire che il richiamo della fame fu inferiore alla stanchezza e così mi svegliai direttamente a ora di pranzo del giorno dopo.
Spesso la vita corre più veloce di quanto non si è capaci di seguirla e non riusciamo ad affrontare i demoni che si annidano dentro di noi.
Parlo di ragazzi come tanti, cresciuti con noi, fra partite di pallone, riunioni e tante discussioni.
Per quattro di loro, qualche anno dopo, il virus malefico della droga fu letale: li trovarono in casa senza vita.
Fu un dolore lancinante per tutti.
Che cosa era successo? Dove si era sbagliato?
Intorno ai vent'anni l'impegno di militante della Fede s’iniziò ad ampliare.
Facevo da capo gruppo con ragazzi di qualche anno più giovani, cercando dialogo continuo e incessante (e alcuni di loro fanno ancora parte di quell'habitat umano di cui prima).
A questo punto iniziarono a insinuarsi qualche dubbio e tante domande.
Che cosa desideravo realmente?
Che cosa poteva rappresentare una vita piena e vissuta con il rispetto verso se stessi e un po’ d’impegno per migliorare l'esistente?
Non trovavo risposte nelle dottrine "ufficiali", tutte tese al cambiare tutto per non cambiare niente.
E allora iniziai a guardarmi dentro.
Troppo facile la coniugazione: peccato/pentimento/confessione. E poi, ero sicuro che le persone che mi ascoltavano, solo per il ruolo che ricoprivano, fossero le più appropriate a dare giudizi e soluzioni?
Comunque, il divertimento non mancava.
La sera ci s’incontrava spesso in piazza per qualche film (che io puntualmente consigliavo: un batterio già consolidato!).
Un film che ricordo con piacere, visto in quel periodo, fu I CINQUE VOLTI DELL'ASSASSINO di John Huston, con una sequela di attori famosi in piccoli ruoli. Piacque molto a tutto il folto gruppo che si era diretto al Modernissimo, ultimo spettacolo, di rigore!
L'ultimo anno prima della partenza per Milano organizzai il mio primo Cineforum, nel Salone al terzo piano, lo stesso del JCS di due anni prima.
Anche in questo caso dibattiti accesi con lo "zoccolo duro" dei tradizionalisti cattolici (vedi la discussione sul VANGELO Secondo Pier Paolo Pasolini).
(continua)