Intanto bisognava anche risolvere la questione abitativa.
Dopo il primo periodo a casa dei parenti di mio cognato, trovai posto presso una signora nella zona di Piazza Piola, dalla quale potevo arrivare in ufficio in metropolitana.
Avevo un posto-letto in una stanza condivisa con altri due giovani. Colazione, cena e dormire per 90.000 lire mensili.
Mi sembrò congruo e ci rimasi un po’ di tempo.
Ricordo bene che, non essendo abituato alla nebbia, qualche volta mi capitava di dover cercare le strade e il palazzo, all’uscita della stazione Piola, camminando con attenzione e toccando le mura degli edifici circostanti con le mani.
Dopo tre mesi cambiai domicilio e mi trovai in un sogno, un brutto sogno!
La stanza era la solita con altre due persone.
Forse non c’era un armadio abbastanza capiente e tenevo tutto nella mia solita valigiona.
In bella vista, all’ingresso dell’appartamento, era appesa un’effigie di metallo raffigurante… Benito Mussolini e l’affittuaria ci svegliava, mentre rassettava la casa, intonando un’energica “Faccetta nera, bell’abissina... ”.
Entrai in casa il lunedì e il venerdì chiesi qualche giorno di ferie e scappai via, tornando a casa a riprendere fiato.
Al ritorno avevo trovato alloggio in un’altra casa, sempre gestita da una vedova, con sviluppi ugualmente particolari.
Era un letto nel salone dell’appartamento, con l’uso di un angolo dell’armadio per gli indumenti.
Non si poteva portare ospiti in casa e il sabato e la domenica bisognava… uscire presto la mattina e tornare direttamente la sera!
I primi tempi di Milano erano venuti su da Napoli i suoi amici Rino e Gennaro, in cerca di occupazione.
L’unica che riuscirono a trovare, per pochi mesi, fu la confezione dei panettoni.
Così il sabato e la domenica lo andavano a trovare, ma non a casa e si andava a pranzo insieme (spesso alla mensa di Ingegneria, che si trovava non distante da Piola).
Rino è ritornato a casa dopo qualche mese, Gennaro è rimasto a Milano a fare l’aiuto cuoco. Si è sposato ed ha avuto un figlio al quale ha dato il nome di Adalberto.
Il tutto è durato un mese e poi, finalmente, la situazione più favorevole.
Si liberava il posto nella stanza di un noto Residence, poiché un collega ritornava alla propria città di origine e l’altro occupante era cordiale e simpatico.
Per di più, il compagno di stanza aveva la fidanzata al Sud e trascorreva tutti i fine settimana in treno per tornare a casa e incontrarla.
Era un ex albergone/pensionato nei pressi del Tribunale, quindi in pieno centro, vicino alla tristemente nota Piazza Fontana. Si andava in ufficio a piedi.
Le stanze non erano granché rispetto alla struttura di accoglienza, ma era un posto tutto mio.
Potevo invitare amici e farli dormire in camera, anche se di soppiatto.
Gianni era un vecchio amico della Cesarea e si era fidanzato con Miriam, milanese DOC, conosciuta in vacanza. Era studente universitario e, dopo essersi concentrato per almeno un mese sull'esame da preparare e aver preso il (quasi) solito trenta, s’imbarcava su di un camion di una famosa ditta di trasporti nazionali, in compagnia degli autisti e arrivava a Milano per incontrarsi con la ragazza.
La sera l'amico entrava nel Residence con tutte le accortezze del caso e così poteva avere un posto da dormire.
La cosa si ripeté spesso, fino a quando il portiere di notte non se ne accorse e allora... addio letto gratis! L’amico dovette provvedere in altro modo.
Dopo un anno e mezzo il collega fu trasferito e dovevo trovare un sostituto. Provai con un altro collega ma quel cucchiaio sul comodino, bruciacchiato nella parte inferiore, e quegli occhi spesso spiritati mi impressionarono e, poiché comunque questi aveva deciso con coraggio di lasciare la banca e tornare a svolgere altre attività che più gli interessavano, decisi di cambiare residenza.
L’ultimo alloggio fu un ex convento ancora gestito da suore, un po’ freddo come atmosfera.
Niente amici da poter ospitare, ma riuscii ad avere Margherita in camera con me per qualche giorno, quando mi venne a trovare, proprio nell’ultimo periodo di permanenza a Milano.