Ricordo quel negozio fin da quando ero piccolo. Passavo davanti a esso  ancora con miei genitori , quando mi accompagnavano a scuola.

Allora portavo i calzoncini corti, un buffo farfallino blu e la divisa che la scuola ci obbligava a indossare. Al passaggio frettoloso dei miei, apponevo una breve resistenza volgendomi all’indietro per lanciare lo sguardo alla vetrina del negozio. Al suo interno, ben disposti, decine di orologi di varia fattura erano esposti.

La mia fantasia di fanciullo era scossa da tutto quello.

Ero talmente incuriosito ed eccitato che talune volte di notte mi svegliavo di soprassalto, sentendo nell’aria inesistenti ticchettii tipici degli orologi.

Il negozio era situato al numero 1489 di Opern Ring a Vienna. Era, e lo è ancora attualmente, una delle strade più conosciute della città, con una  concentrazione dei negozi fortemente alta.

Da lì a pochi giorni sarebbe stato il mio compleanno. Il mio dodicesimo. Sentii parlottare i miei genitori quella mattina, stavano decidendo insieme il regalo da comprarmi.

Non so come presi coraggio, ma bussai alla porta e senza spiegazioni alcune dissi: -voglio vedere ed entrare nel negozio degli orologi.-

I miei genitori mi chiesero come mai avessi pensato a un regalo così originale.

Non servirono parole, sul mio volto la convinzione era così marcata che non si celavano dubbi alcuni.

Due giorni dopo, ricordo ancora era un sabato, mi vestii di tutto punto e aspettai papà. Anche lui stava finendo di vestirsi e non potetti non notare la mano che infilava la cipolla argento nel panciotto. Quell’orologio aveva più di cinquanta anni, di costruzione austriaca. Bellissimo.

Lo avevo appena sfiorato una sola volta.

Papà lo custodiva gelosamente nel suo cassetto di radica del mobile angolare della sua stanza da letto, come dire inaccessibile.

Uscimmo da lì a breve.

Quella mattina era anche una giornata fredda, ma il sole scaldava le gote e io ero ancora più felice. Le giornate così mi mettevano di buon umore.

La trepidazione nell’avvicinarsi al negozio era così alta che quasi svenivo. Non aprii bocca in tutto quel tratto di strada, al punto che notai mio papà cercare il mio sguardo più volte per vedere se fosse tutto a posto.

Non ero un timido, ma un bambino molto loquace.

Giungemmo davanti all'ingresso. La semplice scritta  “Orologi” troneggiava guardandomi dall’alto verso il basso. Nella vetrina, ogni orologio che avrebbe fatto felice il più esigente dei collezionisti.

Papà spinse la porta e uno scampanellio anticipò il nostro ingresso. Un signore di mezza età ci venne incontro.

Quasi nascondendomi  dietro la figura imponente di mio padre, quando fu spiegato al negoziante il perché della nostra presenza mi rassicurai.

Era la prima volta che una richiesta simile gli veniva fatta. Nel contempo però la sua passione ebbe la meglio sull’anima del  commerciante.

Mi porse una caramella che aveva tirato fuori dal cassetto. La complicità divenne ancora più profonda.

Iniziammo a girare. Il ticchettio presente quasi confondeva le idee.

Su di una mensola orologi meccanici, su un’altra orologi manuali.

Su uno scaffale orologi d'argento, su un’altra d’oro.

Vere e proprie opere d’arte risiedevano là.

Orologi con colonnine di marmo a destra e sinistra che racchiudevano la scatola dorata, e nel suo centro le lancette ben sicure scandivano il tempo.

Orologi con le forme più strane erano appese alla parete.

Cipolle e orologi da polso erano dovunque.

Sentire raccontare quel negoziante e avvertire oltre la sua professionalità anche la sua passione faceva crescere in me ancora di più quella insolita passione per un dodicenne.

Ma la cosa che ancora di più mi affascinava era la magia del tempo.

Il tempo così sfuggevole,  ma che con un orologio si poteva fissare.

Il tempo che dettava il percorso della nostra vita.

Il tempo somministratore di gioie e dolori.

Il tempo talvolta tiranno, altre volte generoso.

Il tempo che scandiva il tempo.

Anche il commerciante vide nei miei occhi brillare una certa luce.

Una luce di passione, di speranza, di gioia incontenuta.

Forse vide lui da ragazzo.

Prima di finire il giro, papà mi propose di scegliere qualcosa come regalo di compleanno.

Ero felicissimo e nello stesso tempo eccitato.

La scelta era davvero difficile.

Lo sguardo si pose in una angolo del negozio.

In alto, semi impolverato, un orologio a cucù attrasse la mia attenzione. Sembrava quasi richiedesse la mia attenzione.

Papà disorientato mi accontentò lo stesso anche se avrebbe preferito un orologio da polso.

Dopo avermelo incartato e dopo aver salutato quel gentilissimo negoziante ritornammo sulla via di casa. Non vedevo l’ora di scartarlo e di appenderlo nella mia stanzetta, con le mie gambette piccole sembrava quasi andassi più veloce del mio papà.

Anche la mamma si congratulò della mia scelta, sebbene vidi papà strizzargli l’occhio in segno di complicità.

Presi la scaletta, chiodo e martello. Un colpo ben secco. Il mio orologio adesso aveva la miglior posizione  della stanza  e quando il cucù avrebbe suonato l'ora, quest’ultimo  avrebbe potuto anche dare un’occhiata al mondo attraverso alla finestra cui era di fronte.

Fu la giornata più bella della mia vita.

Persi ore intere a fissare quel movimento della lancette, il cucù che balzava fuori baldanzoso, oltre a fantasticare con la mente.

Era per me quell’orologio uno strumento di regolazione. Così almeno la mia fantasia mi portava a pensare.

Potevo, con un semplice movimento delle dita, andare avanti nel movimento delle lancette come per poter vedere il futuro. Come sapere su cosa la maestra Rother mi avrebbe interrogato il giorno dopo o vedere le anticipazioni delle invenzioni nel mondo.

Ma con altrettanto movimento delle dita, andare indietro nel tempo.

Cancellare il litigio dei miei genitori avvenuto giorni fa  per cui ancora oggi non parlano tra di loro.

Cancellare la mia punizione perché ho fatto dormire il mio cane Wolf nel mio letto.

Crescendo persi quelle fantasticherie, ma non del tutto, trattenni in me quella passione che ancora oggi mi mantiene vivo.

Il mio negozio di orologi è tra i più belli di Vienna.

Certo sono cambiati i tempi, ma ne rimane la magia.

La magia di quegli ingranaggi che si incastrano fra loro.

Quel movimento lento del tempo come fosse un cammino. Di tutti noi.

Che ci accompagna come fosse un amico.

Che ci dice quando prendere o quando lasciare.

Che ti assicura, per non dimenticare l’appuntamento con la tua amata.

Che non ti fa far tardi in chiesa nel giorno più importante della tua vita.

Che fissa il momento in cui vengono alla luce i tuoi figli.

Che detta il momento delle tue scelte.

Orologi. Che passione.

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