Non c'è cattivo più cattivo di un buono quando diventa cattivo (cit. di Bud Spencer in "Chi trova un amico trova un tesoro")
Nel periodo in cui lavoravo nel negozio dei casalinghi della famiglia Palazzo, una delle “leggi” assolutamente da seguire era che per questioni d'igiene non era consentito cambiare determinati articoli ai clienti quantunque fossero muniti di scontrino.
Ad esempio piatti, posate, grattugie, tappi e bocce di vetro per conserve di ogni tipo, orinali, ossia pappagalli o padelle sanitarie (eh beh, direi!) e numerosi altri oggetti di uso comune.
I cambi potevano avvenire soltanto se gli articoli presentavano difetti di fabbrica oppure delle imperfezioni, cercando tutti noi di stare sempre attenti in modo tale che ciò che si vendeva fosse immacolato.
Avendo un carattere fin troppo buono, nonostante fossi tenuto a seguire la severa egida, mi capitò a volte di sorvolae, cioè di accontentare alcuni acquirenti in determinati contesti anche per via di una certa insistenza da parte di essi, l’importante era l’invariabilità del prezzi della merce in vendita.
Dare il denaro indietro non mi era possibile, per via che non potevo effettuare nessuna operazione di cassa. A tal proposito il fatto di essere dispensato dall'incarico lo ritenevo positivo avendo così una responsabilità in meno, evitando eventuali errori e magagne dinnanzi a quei ex datori di lavoro dispotici nonché tirchi.
Come già esposto, non furono molti i casi in cui appunto cambiai articoli dietro insistenze o suppliche dei clienti, a volte la passavo liscia non venendo sgamato e a volte, ahimè, erano cazzi amari con tanto di rimproveri con la tipica inclemenza da parte dei Palazzo.
«Perché hai cambiato quei tappi di sughero con due bacili a quel vecchio rincoglionito di poco fa? Mi pare che ti abbiamo dato una precisa disposizione o sbaglio?», fu una delle tante aspre ammonizioni che ricevetti durante quei quattro anni di tedioso lavoro, per giunta mal pagato.
Odiavo i cazziatoni, spesso mirati a farmi rimbambinire, in primis da parte dall'anziana proprietaria ovvero la signora Ada, e quando ciò accadeva succedeva che, un po' per educazione e un po' per timidezza, tendevo in qualche modo a sopportare, sebbene con difficoltà. Insomma, incassavo i colpi e sistematicamente chinavo il capo con desolazione. Giustificarmi non sarebbe servito a nulla, se non a peggiorare le cose.
Da segnalare che i rimproveri erano all'ordine del giorno e legati tra l'altro pure ad altri contesti e di conseguenza la sera, per ovvi motivi, tornavo a casa stressato oltre che stanco.
In un paio di occasioni però mi impuntai in maniera decisa con tanto di incazzatura, infatti come si suol dire la pazienza ha un limite, ed è per questo che una mattina d'estate per uno stupido bidone di plastica andai fuori dai gangheri.
Quel giorno un abituale cliente di mezza età acquistò un bidone di plastica da 5 litri dal costo di 2,00 €, per poi ritornare qualche ora dopo proponendo una sostituzione poiché a casa si era accorto di averne già uno conservato nello sgabuzzino.
«Ragazzo», mi disse, «Lo posso cambiare prendendo due bottiglie in vetro da 1,00 € ciascuna?»
Cercai di spiegare a quell'uomo che i titolari non accettavano cambi e che rischiavo pesanti discussioni se non avessi rispettato il loro ordinamento. Non ci fu nulla da fare, mi assicurò inoltre che il bidone non l'aveva affatto utilizzato, anzi, per la precisione gli aveva dato solo una sciacquatina utilizzando dell'acqua corrente dal lavabo di casa sua.
"Il tizio mi sta simpatico, oltretutto all'appello mancano tre dei quattro titolari, c'è solamente la signora Ada, non credo ci farà caso visto che sta servendo una ragazza per la vendita di vari stampini per biscotti", valutai mentalmente, peraltro il negozio risultava pieno di gente.
E così accontentai quel signore che mi ringraziò cordialmente e con fare discreto provò a defilarsi.
Sfortunatamente per l'ennesima volta ebbi la conferma di come la titolare, benché avesse quasi ottant'anni, oltre ad avere un occhio di lince disponeva di un udito eccellente, difatti seguì in qualche modo tutta la trafila.
Appena il locale si svuotò, partì un sonora sgridata da parte della "vecchia", soprannome affibbiato alla tirannica proprietaria. Inizialmente cercai pazientemente di resistere, finché una frase mi ferii nell'orgoglio facendomi ricordare l’importanza della parola rispetto.
«Perché hai cambiato quel bidone? Uh? Ti pare che sono una babbiona? Ormai quel coso è usato. Ho sentito benissimo che quello lì gli ha messo dell'acqua. Sei un deficiente!», gracchiò fastidiosamente l’odiosa titolare.
Diventai rosso in viso, strinsi i pugni e i coglioni cominciarono a girarmi in modalità eliche di aeroplano.
«Signora Ada, guardi che quel signore ha messo semplicemente dell'acqua non gli ha mica ficcato la minchia!» dissi alzando la voce.
«Villano e bifolco!», urlò la "vecchia".
Non ne potevo più, scagliai con violenza con tanto di bestemmia il maledetto bidone a pochi metri da me, presi una rincorsa e alla Roberto Baggio lo calciai a mo' di rigore colpendo involontariamente un espositore di tazzine in fine porcellana frantumandone cinque o sei, non prima di farle cascare a terra.
«Disgraziatooooooooo!!!», sbraitò la signora Ada e a passo veloce uscii infuriato dal pubblico esercizio per tornarmene a casa.
Nel pomeriggio venni contattato tramite cellulare da Pino, uno dei due figli della signora Ada, per tornare al negozio per dei chiarimenti. Seppur titubante accettai, in fondo ritenevo giusto fornire delle spiegazioni riguardo il mio gesto.
Una volta al “Palazzo Ada Casalinghi” pensai di trovarmi davanti la Santa Inquisizione, invece a sorpresa la proprietaria con gli occhi visibilmente lucidi mi porse fin da subito le sue scuse, per poi infine raccontare la mia versione agli altri tre Palazzo che, stranamente, riuscirono a comprendere.
Inizialmente avrei voluto licenziarmi, ma riflettei che a breve sarei partito militare e di conseguenza mi sarebbero serviti dei soldi da mettere da parte, pertanto scelsi l’opzione di continuare a lavorare in qualità di commesso/magazziniere. Quell’episodio, addirittura, mi fece guadagnare 10 € in più in quanto la famigliola decise di darmi un leggerissimo aumento: dai 50 € passai ai 60 € settimanali.
Alla fin fine sapevano che oltre bravo ragazzo risultavo un grande lavoratore e che le sfuriate sono una tipica condizione umana.
E il bidone che fine fece?
Siccome venne valutato come "usato", e soprattutto ammaccato dopo la poderosa calciata che gli avevo dato, Gino, il marito della signora, lo sfruttò per uso personale ogni qualvolta scendeva nella tenuta di campagna per prelevare del vino dalle botti della cantina.
Chissà, forse “l’oggetto incriminato” lo conservano tutt’oggi o per utilizzarlo oppure in ricordo del sottoscritto.