La giornata di Carlo si svolge ormai da anni nella stessa, identica, estenuante maniera.
Sveglia presto al mattino verso le sei, subito dopo che Mercury, il suo gatto, ha già danzato sulla sua schiena per un quarto d’ora, affondandone le unghie.
Un colpo di reni lo fa drizzare sul letto e un istante dopo con la punta dei piedi cerca le pantofole. Il contatto dei piedi sul pavimento gelido evidenzia la grande sofferenza sul viso.
Eccolo in piedi, la mano che si avvicina prima alla testa per tirar dietro i capelli impennati, mentre l’altra sistema il ciondolo dormiente con un tuffo della mano nel boxer, come una sorta di estrazione dei numeri della tombola.
Un uomo visto a quell’ora non è paragonabile a Brad Pitt.
La trasformazione sarebbe avvenuta da lì a poco.
Azionata la tapparella, l’occhio non vide alcuna traccia del sole... e con quella nebbia non si avrebbero avute sue notizie per tutto il giorno.
Dal frigorifero stile anni ’40 color kako, la bottiglia del latte fu estratta rapidamente.
Anche in quel caso Mercury fu il primo a dover essere servito.
Una manciata di croccantini et voilà.
Il miagolio di risposta come segnale della sua completa soddisfazione.
Carlo inizia a pensare a se stesso.
Latte sul fuoco, i calzini tirati via dallo stendino del balcone, le ciambelle all’albicocca pronte per essere divorate.
Inebetito davanti alla credenza, Carlo fissa il pacchetto di cellophan delle ciambelle drammaticamente vuoto, mentre nella mano destra stringe i calzini intirizziti dal freddo assomiglianti a stoccafissi norvegesi.
Corsa al bagno.
Il bisogno impellente supera qualsiasi ammanco di ciambelle.
Il viso riflesso sullo specchio, lo stesso di sempre.
La barba lunga che viene rasa con l’ultima lametta nell’armadietto.
Trasposizione del Cristo in croce che sanguina dal viso.
I denti che vengono stretti dal dolore.
Il pensiero che corre ai vestiti.
L’armadio viene aperto e l’odore di naftalina prende rapidamente possesso della stanza.
Camicia a quadretti, felpa blu, jeans. Oggi niente di classico.
Meglio un tono di spensieratezza.
La borsa. Eccola sepolta tra le riviste specializzate di informatica.
Quelle non mancano mai. Il lavoro è il lavoro.
Carlo di nuovo inebetito davanti all’ascensore di casa.
Guasto.
Ventisette piani a piedi, un’ottima ginnastica.
Ci sarà tempo per riflettere sulle cose da fare durante il giorno.
Spazio adibito alla messa in dimora delle moto e motorini.
Oggi è andata bene, c’è ancora.
Nessun taglio di catene con cesoie come nelle passate edizioni.
Carburante: c’è.
Via come il vento.
È stato da poco assunto. Nessun ritardo è ammesso.
Dribbla le macchine come un novello centauro.
Il rosso ai semafori diventa quasi elemento decorativo.
La pioggia inizia a cadere mentre la nebbia gli entra nelle ossa.
Il negozio è vicino.
Sta per scattare l’orologio.
Le nove.
Manca un solo minuto.
Se accadesse il suo capo lo striglierebbe a dovere.
Il braccio si allunga verso la timbratrice. Ricorda personaggi dei fumetti come Tiramolla o l’uomo gomma della Marvel Comics.
È un successo. Si rimane nell’orario.
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La giornata di Marta si svolge ormai da anni nella stessa, identica, felice maniera.
Sveglia al mattino non tanto presto.
Tommy, il suo Labrador completamente sdraiato ai piedi del suo letto.
Il suo peso davvero incalcolabile. A guardare il letto matrimoniale si nota un leggero incurvamento.
A Marta piace molto il calore sulle gambe che gli viene trasmesso.
La sveglia trilla alle sette e trenta.
Il suo posto di lavoro non dista molto da lì. Anzi, è praticamente lì.
Il suo più che uno svegliarsi è un fiorire.
Visto come fotogramma sembra un girasole indolente che si erge col viso al cielo ai primi raggi del sole.
Marta che vive in un vecchio Borgo marino.
Appartamento di due piani.
Brezza marina e sole quasi tutto l’anno.
Dalle su finestre, pur essendo inverno, il mare a guardarlo è splendido.
Anche Tommy inizia ad avere fame e, balzato giù dal letto, inizia a scodinzolare la coda sul viso di Marta.
La finestra viene spalancata e l’aria salmastra invade la stanza.
La ciotola riempita di croccantini soddisfa il cane che inizia a mangiare.
Il microonde intanto sforna un plumcake davvero invitante, abbinato a una cioccolata di nero fondente. Apoteosi del gusto.
I fiori. A loro l’acqua è data ogni mattina, tranne alle piantine grasse che sono all’interno dell’appartamento.
Hanno addirittura fiorito.
Corsa al bagno. Le creme sono ovunque anche se sono superflue.
Marta ha un viso da far invidia a ragazze molto più giovani di lei.
Raccoglie i capelli riccioli indietro.
Oggi anche lei indosserà qualcosa di comodo, anche se non vede l’ora che arrivi la primavera per indossare quegli abitini a fiori stile anni ’30.
La borsa. Eccola tra mille foto di moda e riviste delle ultime sfilate presentate.
Quelle non mancano mai. Il lavoro è il lavoro.
Una corsa con la bici sul lungomare a prendere il giornale del mattino e poi la posta arrivata. Ne arriva sempre così tanta.
Il pc viene accesso. Una faccina sorridente le augura il buongiorno.
È in chat. Marta661966 è collegata.
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Sono le nove.
Dall’altro capo della penisola qualcuno si sta collegando a internet.
Il pc viene acceso. Una password sterile ne permette l’ingresso.
È in chat. Uomomisterioso2009 è collegato.
Oggi è un giorno importante.
Per entrambi.
Il contatto avviene. Parole dolci scorrono lungo quei fili del telefono. È bello immaginare che possa correre così velocemente un sentimento.
Che possa giungere all’altro in maniera così inaspettata.
È davvero strano quello che si può dire alla propria amata, pur non avendola mai vista.
Le parole sono ardite ma anche così spontanee, infantili talune volte, ma sempre dirette, genuine, senza sotterfugi.
Qualche volta lui ammicca avance, qualche volta lei si toglie alcuni anni.
Ma questo è il bello del gioco.
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L’appuntamento al buio fu fissato.
Lei voleva un posto romantico. Lui un posto più alla sua portata .
Non è dato sapere dove avvenne, forse anche poco importante.
Si racconta tra gli amici che le scommesse aperte sulla non riuscita di questa cosa erano tante.
Rimasero delusi in molto.
Si pensa anche che racconteranno questa cosa ai nipoti.
Ma questa è un’ altra storia.