Eccomi vicino all’abitazione di Miriam, la mia fidanzata, nonostante il traffico sono riuscito ad arrivare senza intoppi. Oggi, essendo sabato sera, qui a Catania c’è l’immancabile via vai, a momenti peggio di New York.
Stasera Miriam ed io abbiamo una pizzata assieme a un gruppo di amici al “Pizza & Filibustieri”, un locale a tema, ovverosia un suggestivo galeone sul mare attraccato a un pontile con tanto di camerieri vestiti da pirati e con l’arredamento interno squisitamente antico.
Degno di nota anche il curioso cartello esposto all’entrata:
--- Non si fa credito a nessuno, si prega di non insistere, altrimenti vi daremo in pasto ai pescecani! ---
A parte l’originalità del posto in questione, si mangia divinamente, tant’è che si è rilevato necessario prenotare due settimane prima.
Parcheggio, scendo dall’auto, suono il citofono e ad aprirmi c’è la signora Maria, la mia cara suocera; una volta salito al secondo piano la trovo ad attendermi davanti alla porta d’ingresso ad accogliermi affettuosamente. Le voglio un mondo di bene, è sempre così gentile nei miei confronti. Alla faccia di chi parla male delle suocere, meglio di così non mi poteva capitare.
Stessa identica cosa per il suocero, il signor Silvio, un uomo tutto d’un pezzo, carismatico e divertentissimo.
E poi c’è Miriam, il mio unico e infinito amore, una ragazza dolcissima, bellissima e delicata come un fiore. Sono proprio fortunato, eh sì!
«Entra Mattia, la tua principessa è in bagno, sta finendo di prepararsi. Mio marito invece non c’è, stasera esce tardi dal lavoro.», mi spiega la signora Maria e mi fa accomodare nel salone.
«Lo vuoi un caffè?», mi chiede affabile.
«No la prego, non si disturbi, ne ho già preso uno nel pomeriggio.», declino cortesemente.
«Macché disturbo e disturbo!», insiste.
«No, guardi che…»
Senza lasciarmi finire la frase si avvia per la cucina.
Per quanto stimi la madre della mia fidanzata, il caffè cerco sempre di evitarlo dal momento che non le esce buono praticamente mai, come quello ingurgitato l’altro giorno, decisamente acquoso. Inoltre, giusto per menzionare altri precedenti, mi è stato offerto o troppo corto, o troppo dolce oppure troppo amaro poiché lo zucchero lo immette lei stessa.
Ecco che arriva la signora con una tazzina con annesso piattino, ambedue di colore azzurro. Mi accorgo che a prima vista non è il solito intruglio nerastro ma un qualcosa di accettabile. Toh, c’è persino un po’ di schiuma. Sembra ben fatto, dai.
Non faccio in tempo a prendere la demitasse in mano in quanto Miriam entra in soggiorno per venire ad abbracciarmi, a riempirmi di baci e ad accarezzarmi il volto. Che incantevole creatura!
«Amore, dobbiamo sbrigarci perché si è fatto tardi, Veronica e gli altri ci aspettano al lungomare, precisamente all’esterno della pizzeria. Bevi e scappiamo!», mi dice con fare frettoloso.
Guardo l’orologio, effettivamente dobbiamo darci una mossa, tra l’altro il locale è abbastanza lontano. Decido di tracannare il caffè velocemente ma è bollentissimo, bruciandomi la lingua e il palato.
«Ma è lava sto caffè?», esclamo lasciandomi scappare una definizione poco cortese e facendo intuire la mia irritazione.
Miriam e mia suocera mi guardano interdette.
Pentendomi di ciò che ho appena “espresso”, schiarendomi la voce e con finta aria divertita, provo a salvarmi in calcio d’angolo.
«Ehm, sto caffè è “Lava”zza?»
«Sì sì, ho cambiato marca!», afferma compiaciuta la signora Maria. «Com’è? È buono?»
«Buono, veramente buono. Il caffè è un piacere, se non è buono che piacere è?», affermo in uno slancio non sincero e citando le parole di Nino Manfredi di un suo celebre spot. Madre e figlia sorridono mentre io sopporto la maledetta scottatura.
Adesso come adesso mi vengono in mente le note di una canzone di Fiorella Mannoia, nello specifico queste:
--- Ammazzo il tempo bevendo caffè nero bollente ---
Nero e per di più bollente?
Ci vuole coraggio. E pure tanto!