Oggi è il mio primo giorno di lavoro alla Duke & Nuke, una società finanziaria con sede a New York, precisamente a Hell's Kitchen, un quartiere di Manhattan. Dopo una laurea conseguita a pieni voti, aver trovato un lavoro in una sede così prestigiosa mi inorgoglisce. Prospetto un ottimo stipendio, una carriera assicurata e otto comode ore lavorative. Un pacchia.
Non potevo desiderare di meglio e per tutto questo sarei stato disposto a vendere l’anima al diavolo.
Attualmente mi trovo in una sala d’aspetto del sessantanovesimo piano e da quassù c’è un panorama che lascia sbalorditi. Sono dannatamente felice.
«Freda, è pregato di andare giù al sesto piano, il capoufficio Damien le fornirà i ragguagli in merito al suo incarico.», mi invita Fiamma, la segretaria di origine italiana, chiudendo l’interfono.
Mi alzo dal divano in pelle e faccio cenno di sì alla ragazza, accompagnato da un occhiolino. La guardo, è molto bella e per di più ha una finta aria da santerellina. Ci farò un pensierino.
Chiamo l’ascensore di servizio. Quando abitavo in Italia solitamente non lo prendevo mai in quanto soffro un po’ di claustrofobia, però qui siamo in un altissimo grattacielo americano e scendere tutti questi piani a piedi non mi sembra assolutamente il caso.
Le porte dell’impianto si aprono e mi stupisco del fatto che non c'è l'addetto, ovvero il lift, e nessun'altra persona, cioè il solito via vai di persone che salgono o scendono. Non credo sia rilevante e una volta dentro schiaccio il tasto 6.
Le porte si chiudono ma non succede nulla. Che strano.
Calma. Niente panico!
Premo nuovamente 6 e purtroppo ancora niente. Il maledetto ascensore non vuole proprio saperne di muoversi e comincio ad avvertire un senso di soffocamento e di sudorazione. Non voglio premere il campanello di allarme, altrimenti rischio di fare la figura dell’imbecille già dal primo giorno.
Colpisco violentemente il 6 con il palmo della mano destra e improvvisamente avviene uno strano scossone.
Finalmente l’ascensore decide di partire, la discesa, ahimè, la reputo particolarmente anomala, come se stessi precipitando.
Dovrebbe essere normale, infatti, ragionandoci sopra, se la cabina fosse più lenta ci metterebbe troppo ad arrivare al piano desiderato, tuttavia allo stesso tempo inizio a preoccuparmi seriamente dal momento che va fin troppo veloce.
Un suono mi fa chiaramente notare che sono arrivato all’agognato sesto piano.
Le porte dell’ascensore si spalancano di botto e rimango raggelato nonché a bocca aperta dinanzi all’inaspettato buio spettrale, del caldo inaudito, del fumo fastidioso e dei lamenti agghiaccianti.
«Che diavolo succede?», mormoro spaventato.
«Benvenuto Freda, la stavo aspettando!», esordisce una voce sinistra.
Un’oscura figura dalle forme mostruose ed irregolari e con una miriade di fiammelle disseminate dalla testa ai piedi è di fronte a me.
«Che ci faccio qui?», domando frastornato.
«Ora le spiego!», mi risponde.
Annuisco, confuso e con la paura che si è impadronita di me.
«Per prima cosa Satana, il direttore, mi ha fatto pervenire un fax. Prego, legga pure!»
Senza farmelo ripetere, gli strappo il foglio dalla mani.
--- Non potevo desiderare di meglio e per tutto questo sarei stato disposto a vendere l’anima al diavolo. --- leggo inorridito.
Dannazione, ma io non lo pensavo veramente. O sì?
«In che modo sono finito in questa specie di tetra caverna?», chiedo ancora con la voce rotta dal terrore.
«Ebbene, lei stesso è venuto a trovarci, nell’ascensore ha premuto tre volte 6, per cui 6 - 6 - 6 che rappresenta il numero della Bestia.», mi spiega il tenebroso individuo ridendo con malignità.
Chiudo gli occhi e prego che sia soltanto un incubo. Riapro gli occhi, macché, è tutto vero.
«Freda, capisco bene il suo disagio e la sua incredulità. Oh, ci si abituerà presto, mi creda!», prova ad ammansirmi il mefistofelico tizio, come se mi avesse letto nel pensiero.
Mi sento impietrito.
«Riguardo le mansioni da svolgere, in sostanza si occuperà di catalogare i suicidi oppure gli omicidi causati da questioni finanziarie. Si farà le sue comode otto ore sette giorni su sette, anche la domenica, d’altro canto non siamo in Paradiso. Fuori dall'orario di lavoro potrà liberamente girare gli Inferi e le assicuro che quaggiù gli svaghi non mancano di certo.», aggiunge lui con nonchalance ignorando il tremore e l’angoscia che sto provando.
L'atmosfera si fa maggiormente surreale, al limite dell'orrore.
«Comunque, il mio nome è Damien. Adesso mi segua che le mostro l’ufficio con una bella vista su lava.», conclude stringendomi la mano.
È meglio che mi rassegni e cercare almeno gradualmente di addentrarmi e ambientarmi, non ho altra scelta. Del resto, me la sono cercata.
--- Enrico Freda, un laureato italiano ventiseienne appena assunto, è stato trovato morto in uno degli ascensori della Duke & Nuke. Secondo una prima ricostruzione della polizia sembra trattarsi di un infarto. ---
Queste furono le prime righe di uno dei tanti articoli di cronaca del New York Times pubblicato il 6/6/2006