Quel giorno, me lo dissero.
Ero sola.
La saletta bianca, asettica, non rendeva le cose facili.
Il sole filtrava tra tende.
E gli odori erano acri e fastidiosi.
Suoni di sirene assordavano le orecchie.
Nelle corsie volti rivolti in basso, come dovessero vergognarsi di chissà cosa.
E quella parola che non avresti mai voluto sentire.
Lancinante.
Penetrante.
Devastante.
Come un pugno nello stomaco.
Fuori dalla stanza, lo stordimento.
Un'uscita che non si trovava.
E un telefono che squillava, come se potesse sistemare le cose.
La via del mare condusse le gambe, separate dalla mente.
Macchine, pedoni, navi, biciclette.
Tutti con un percorso ben chiaro.
Io avevo smarrito il mio.
Il gelataio e un gusto fragola.
Uno scoglio e gli schizzi delle onde del mare sui vestiti.
Il sole scaldava le guance rendendole rosse.
Bimbi giocavano con numeri impressi sulla via, saltando.
E lui.
Che arrivando alle mie spalle mi bacia il collo con delicatezza.
E io piego la testa come per riceverne altri mille.
Le sue braccia mi circondano.
Come voler fermare quel mio pianeta che ruota all’impazzata, insieme al suo cuore.
Gli occhi, in un pianto e lacrime.
La mente elabora di non essere sola.
Ho provato amore in quei momenti.
Ho fissato emozioni e paure su un foglio stropicciato.
Riparto da qualcosa in cui credere.