Il giudice Mancuso uscì di casa nervoso e assonnato, non aveva chiuso occhio per tutta la notte, aveva studiato le carte del processo, un rompicapo che gli avvocati delle due parti non riuscivano a risolvere. Si stava recando in tribunale, con la speranza di chiudere con questa faccenda, ma era sicuro di dover rimandare ancora una volta la sessione, non erano emersi elementi nuovi. Lui voleva andarsene a pesca, invece, doveva restare a sorbirsi i battibecchi dei due avvocati, ormai era diventato un braccio di ferro fra i due, per loro era importante solo vincere la causa, dell’imputato e del delitto, ormai non importava niente, a nessuno dei due. Arrivato nel parcheggio, lasciò la macchina e salì la grande scalinata che portava alle aule. Nel suo studio si liberò della borsa e indossò la toga, guardò l’orologio e decise di avviarsi verso l’aula.
La sala dell’udienza era gremita come sempre, il caso stava suscitando interesse e curiosità nella gente. Un processo in odore di mafia suscitava sempre interesse. Il giudice entrò, mentre veniva annunciato il suo ingresso.
- Signori entra la corte!
Il giudice sedette al suo scranno e già dal tono della voce, gli avvocati capirono che era di malumore.
- Prima di iniziare la seduta vorrei ricordare ai due avvocati di evitare scaramucce verbali, andiamo avanti così da mesi, se avete delle novità, procediamo, altrimenti rimandiamo a data da destinarsi, posso anche archiviare il caso.
Vostro Onore - rispose sollecito il procuratore – abbiamo un altro testimone e spero sia decisivo per concludere presto la questione.
- Bene! Chiami il suo testimone e sentiamo,
- Chiamo a deporre, la signora Concetta Pelliccia.
La teste, un'anziana signora sui settanta anni, venne al banco con lo sguardo acido e altezzoso. Dopo il giuramento di rito, il procuratore iniziò il suo interrogatorio.
- Ci vuole raccontare con esattezza cosa ha visto la sera in cui è stato commesso il delitto?
- Certo avvocato, la sera del 10 ottobre ero alla finestra, sa soffro d’insonnia, e ho visto quel delinquente che veniva avanti….
- Obiezione! Vostro Onore, si esprime un giudizio non richiesti sull’imputato
- Accolta, avvocato. Eviti al testimone di fare apprezzamenti, si limiti ad esporre i fatti.
- Sì Vostro Onore. Allora signora, dica solo quello che ha visto.
- Come stavo dicendo, avvocato, quel brutto ceffo, stava camminando…
- Obiezione, irrilevante e non pertinente. La teste insiste, non è possibile!
- Accolta. Un’altra obiezione avvocato e dovrò annullare la testimonianza.
- Signora la prego, dica cosa ha visto,
- Avvocato, se m’interrompono… volevo dire che….. quello lì, stava passando sotto casa mia e andava nella direzione del portone della vittima, non c’era anima viva per la strada, deve essere stato per forza lui, ha la faccia dell’assassino!
- Obiezione! Irrilevante, discriminatorio, Vostro Onore, la teste non può esprimere opinioni e conclusioni, chiedo che questa testimonianza sia annullata, la teste è prevenuta e pertanto non attendibile. La sua dichiarazione sia stralciata dagli atti.
- Accolta. Sospendo la seduta per trenta minuti, voi avvocati, nel mio studio subito.
Il giudice era esasperato: possibile che il procuratore non capiva! La sua teste era inutile e prevenuta per giunta. Tempo perso, ma la cosa che gli dava maggior fastidio era che quei due agivano sempre a discapito della legge e della verità.
- Bene signori,- esordì il giudice – sapete perché siete qui. Non si può andare avanti, nessuno dei due riesce a produrre prove concrete. Dopo mesi di dibattito siamo ancora a zero. A voi forse non importa, ma a me sì, vi do un'altra settimana di tempo poi scioglierò il procedimento e archivierò il caso, l’imputato sarà assolto per non aver commesso il fatto. Vi piaccia o no questa, è la linea che seguirò. Trovate prove sufficienti e andremo avanti, altrimenti si fa come dico io, intesi?!
- Come vuole Signor Giudice,- disse il procuratore, - non credo di riuscire in una settimana a trovare prove utili. Peccato! Rimetteremo un assassino in libertà.
- Non è vero, Signor Giudice - rispose l’avvocato della difesa - il mio assistito è innocente fino a prova contraria, quindi deve essere assolto. Io non devo dimostrare niente, è il procuratore che deve esibire prove schiaccianti di colpevolezza, vuol dire che aspetteremo una settimana. Signor Giudice, se è tutto, io andrei, voglio dare la notizia al mio cliente.
Uscito l’avvocato difensore, gli altri due si guardarono per un attimo con un lampo di complicità.
- Bel colpo, amico mio, come ti è venuto in mente di far testimoniare quella vecchia rimbambita, davvero un colpo di genio, ora posso accelerare i tempi, e chiudere questo processo, è durato anche troppo.
- Cosa vuoi che dica, sappiamo entrambi a chi appartiene l’imputato, non potevo fare altrimenti, si doveva trovare un modo legale di affossare il procedimento. Con la testimonianza della vecchia abbiamo fatto centro. Ora potrai chiudere il caso senza che nessuno possa gridare allo scandalo. Tutto in perfetta regola, secondo giustizia.
- Ben fatto! aggiungo anche che, al momento, non ci sono pentiti, mio caro procuratore, che possano smentire il nostro operato, specie il tuo. In tutti questi mesi non sei stato capace di trovare un motivo valido di incriminazione. L’avvocato difensore, poverino, è convinto che di aver vinto la causa, si vede che è giovane e inesperto
- Bene! Allora d’accordo, faremo l’ultima sessione e dichiarerò l’imputato innocente per non aver commesso il fatto.
- Caro Giudice, noi sappiamo che è colpevole, non credi che la giustizia possa fare una brutta figura?
- Tu dici! A questo punto, cosa vuoi che faccia? Tu non sei stato capace di trovare uno straccio di prova. Io sono solo il giudice che decide in base alle prove. Se non ce ne sono il caso è chiuso. Al limite tu non ne uscirai proprio bene, una causa persa, ma una barca nuova a mare, o sbaglio?
Entrambi sorrisero a questa battuta.
- La giustizia trionfa sempre, anche quando sbaglia, questo dovresti averlo capito da tempo, spero.
- Per come la vedo io la giustizia è imparziale: un assassino in libertà o un innocente condannato, per lei sono la stessa cosa, hanno lo stesso peso sulla sua bilancia.
Detto questo il giudice si tolse la toga e prese sottobraccio l’avvocato. Quando uscirono dallo studio stavano ancora ridendo.