Un uomo avido, nel pieno dei suoi anni, giunse infine in possesso della vera lampada dei desideri. In preda alla più viva eccitazione, si chiuse nella propria stanza e si diede a sfregarla vigorosamente, ottenendo in breve di far comparire il genio.
Questi, ben diverso da come l’uomo se l’era immaginato, pareva un essere mite e tranquillo; appariva sereno, posato, del tutto disinteressato alla faccenda. Spiegò la questione dei tre desideri, così come la riportano le tradizioni consuete: nessun limite, se non quello del numero, e di un corretto enunciato, privo di ambiguità.
- Fai attenzione – raccomandò – alla precisione e al rigore della tua matematica: molti, prima di te, si sono dannati l’esistenza proprio per questa superficialità.
L’uomo aveva da tempo preparato i suoi piani, riflettendo con cura, perciò espresse senz’altro la sua volontà:
- Desidero queste tre cose: una miniera inesauribile, che contenga una quantità infinita di pietre preziose, una illimitata fonte di energia per estrarle, e un’esistenza di durata infinita per potermi godere potere e ricchezze.
Il genio parve riflettere, poi disse:
- Rispetto agli altri mortali che ti hanno preceduto, devo ammettere che le tue scelte si pongono ad un livello migliore, anche se ancora insufficiente.
- Che vuoi dire?
- Oh, sarebbe lungo da spiegare, anche disponendo di un tempo infinito. E questo è una parte del paradosso.
- Non credo di riuscire a capire. Dove sono le cose che ho chiesto, Genio? Come si raggiunge la mia miniera?
- Uscendo da questa stanza, si realizzeranno i tuoi desideri; in quel momento ti sarà nota ogni cosa. Tuttavia, prima di varcare la soglia, ti invito a riflettere sulle conseguenze della tua imprecisione.
- Imprecisione? Mi pare di aver enunciato i miei desideri con molta chiarezza.
- Invero. Ma, nonostante il mio avvertimento, lo hai fatto in modo alquanto ambiguo. Hai chiesto tre cose in quantità infinita, sicuro di assicurarti la disponibilità di ognuna di loro a tuo piacimento. Ma avresti dovuto considerare che non solo esiste un numero infinitamente grande di infiniti, ma che questo infinito è anche più grande di tutti gli infiniti. -
Il corpo del genio iniziò a sfumare, divenendo via via più trasparente. Da ultimo, prima di scomparire del tutto, disse:
- Il mio tempo qui è terminato. Oltre ai desideri, ti ho fatto un dono.
- Che dono?
- Lo troverai quando ne avrai bisogno. Presumo molto presto. –
E sparì.
Rimasto solo, l’uomo meditò su quelle strane parole. Era certo di aver agito con saggezza, ponendo al genio le sue richieste. Ricchezze illimitate, energia per sfruttarle, tempo per goderne: una soluzione ideale, sulla quale aveva riflettuto a lungo. Per anni, mentre cercava la lampada, aveva vagliato ogni possibilità, ogni alternativa, escludendo migliaia e migliaia di triadi di desideri, fino a trovare questa combinazione: tre vertici di un triangolo equilatero, un equilibrio semplice e perfetto.
Eppure…
Seduto al suo scrittoio, posò la testa fra le mani, cercando di richiamare alla memoria le ultime parole del genio. Ordini di infiniti. Era certo di aver letto qualcosa, in proposito, quando era studente; un concetto che lo aveva colpito. Si sforzò di ricordare. Ci sono infiniti numeri naturali maggiori di zero, tanti da non poterli esprimere a loro volta con un numero. Eppure, fra due qualunque interi successivi, trovano posto altri illimitati numeri decimali; e così via, in una serie interminabile di nuovi infiniti: dato un qualunque insieme, è sempre possibile trovarne uno che contenga più oggetti. E se questo è ovvio per gli insiemi con un numero finito di elementi, ricordava che ciò è altrettanto vero per gli insiemi infiniti.
Ma cosa aveva a che fare tutto questo con i suoi desideri? Forse quel genio dall’aspetto così bonario era in realtà maligno, e stava cercando di inquinare la sua felicità con il germe subdolo del dubbio? Tentò di accantonare la questione e si mise a pensare a cosa avrebbe fatto, non appena uscito dalla stanza. Sarebbe andato alla miniera e ne avrebbe estratto un po’ di gemme: non doveva preoccuparsi del modo in cui vi avrebbe lavorato, dato che gli erano state messe a disposizione energie infinite: avrebbe potuto strappare un diamante dalla roccia con le mani nude! Allo stesso modo, poteva scavare un intero filone con un semplice martello da geologo: aveva a disposizione un tempo infinito.
Quanto infinito?
La domanda, che gli era balzata all’improvviso in mente, risuonò come una campana funebre, facendogli esplodere nel petto una vampa di angoscia. Gocce di sudore gli imperlavano la fronte, mentre si concentrava per seguire il filo di quell’intuizione: se l’infinita quantità di gemme fosse stata di ordine inferiore a quello dell’energia necessaria per impossessarsene, ad un certo momento sarebbe rimasto privo di risorse! Certo, ciò sarebbe avvenuto dopo un tempo infinito, ma chi gli assicurava che quell’intervallo, sebbene illimitato, non sarebbe stato meno infinito del tempo che aveva da vivere?
Viceversa, se il tempo inesauribile della propria esistenza era di una cardinalità minore di quella degli altri due, le sue ricchezze avrebbero finito per sopravvivergli. Comunque si poneva la questione, l’uomo comprese che il suo sogno di eterna stabilità era una pura illusione: il rapporto fra quelle quantità non era stato determinato, e adesso non c’era modo per assicurare che il suo stato di perfetto equilibrio rimanesse immutato in eterno! E poi, di quale eterno si sarebbe trattato?
Chinò la fronte sul tavolo, abbandonandosi allo sconforto: il genio l’aveva imbrogliato! Sì, certo, sarebbero passati milioni o miliardi di anni prima che questi problemi si fossero manifestati: magari l’intero universo avrebbe concluso ancor prima il suo intero ciclo. Ma ciò non aveva alcuna importanza, per un essere immortale: la sua esistenza sarebbe stata un continuo, angoscioso tormento!
Disperato, passò le dita sul bordo del cassetto dello scrittoio; un cassetto che non c’era mai stato prima. Lo aprì e ne estrasse il calcio lucido e freddo di una strana pistola. Mentre la puntava alla tempia e premeva il grilletto, il suo ultimo pensiero fu di gratitudine per il Genio e per il suo dono.