Perché quel giorno cambiai il percorso della mia solita passeggiata non lo so
Con la mia bicicletta rossa passavo di solito davanti ad Ernesto il fiorista, meglio conosciuto come Fred Astaire
Per via della sua passione per il ballo.
Dopo pochi metri arrivai davanti all’edicola del cav.Muzio amante della lirica, personaggio molto estroso
Chi non lo conosceva riceveva dalle sue mani il quotidiano e un attimo dopo un acuto Pucciniano che faceva trasalire anche i morti.
Il fiume correva al mio fianco e i palazzoni popolari dell’Incis ormai abbandonati, erano posti in bella fila.
La gente vociferava che in quei giorni li avrebbero demoliti con delle potentissime cariche di esplosivo e lo spettacolo sarebbe stato garantito.
Come dicevo poco prima, pensando che sarei arrivato in anticipo al mio appuntamento quella mattina mi diressi in direzione contraria, allungando la strada
Presi la direzione delle scuole a nord della città.
Non amavo tanto quella zona perché avevo avuto una fidanzata che abitava da quelle parti
Potete immaginarvi che l’idillio non finì esattamente bene.
Quindi evitavo
Visto che la città era divisa dalla ferrovia da nord a sud, vi erano vari sottopassaggi a disposizione
Io imboccai quello di Via De Nigris
Piccolo, abbastanza angusto, ma almeno solo pedonale
Entrai
Pedalando con vigore
Avvertii subito che quello che mi circondava non era consueto
Mi sembrava ci fosse qualcosa di irreale in quel tunnel.
Vuoi le luci fioche, vuoi la suggestione
Accelerai.
Non vedevo il suo fondo e alcuna luce affiorava
A quel punto un vento mi sopraggiunse alle spalle
Caldo
Molto insistente
Che aumentava di intensità ad ogni pedalata che facevo
Fui sospinto a un certo punto con vigore
Le ruote delle bici non toccarono più terra
Rimasi stupefatto
Quel tunnel mi avvolse
Non sapevo dove fossi
Iniziai a scorgere la luce dopo svariati minuti
Come in una sorta di lancio acrobatico, balzai su di una strada lunghissima
La bicicletta resse l’urto
Frenai con tutte le forze che avevo a disposizione, pur avendo una figura esile e due bicipiti da poppante
La mia testa ruotò intorno a sè stessa
Quello che mi circondava mi era sconosciuto
Ma non avevo paura
Al contrario
La curiosità era dominante
Prati verdi erano tutti intorno a me e cascate di acqua cristallina scorrevano in diversi ruscelli.
I fiori erano principalmente di color rosso, il che mi faceva piacere essendo il mio colore preferito.
Ma la loro particolarità era la dimensione.
Superavano anche me
Alti, fieri e profumatissimi
La loro fragranza era così intensa che stordiva
Anche i loro petali erano enormi
Ero talmente eccitato da tutto quello che non pensai, o almeno non subito, a una cosa evidente
Dove erano gli uomini
Le macchine e lo smog
Dove era il rumore solito della modernità.
Eclissato, sparito, puff
Scesi dalla bicicletta e mi incamminai verso l’unico punto che mi sembrava un punto d’arrivo
Il quel luogo si aveva la sensazione che al momento stesso che pensavi tu fossi arrivato, eri ancora al punto di partenza
Disorientato ma ostinato, intravidi qualcosa
Era esile come me
Non alta ma colorata
Sopraggiunsi alle sue spalle
-Giorno-, dissi
Si girò e, guardandomi con una naturalezza disarmante, mi rispose
-Giorno a te straniero-
Quello che avevo di fronte mi spiazzò
Una matita
Una matita con braccia e gambe
Una matita che stava raccogliendo frutta da un albero di mele verdi
Con la testa appena spuntata e pronta a scrivere
Pensai che forse avevo passato il limite e da quel giorno basta birre.
La matita scorse subito il mio disagio
-Non avere paura di me-
-Raccontami-
-Chi sei e da dove vieni?-
Ripresi fiato e coraggio e raccontai la mia storia
La matita scoppiò in una fragorosa risata quando gli parlai degli eccentrici amici del quartiere
Fu molto gentile con me
Alzando il braccio verso il non so dove, mi indicò la strada non strada per arrivare al castello delle matite colorate
Li avrei trovato il suo re
Il suo nome era “RE MATITONE”
Vi confesso che per un attimo mi venne da sghignazzare
Ma capii che era anche tale il rispetto verso di lui, che non volevo offendere nessuno
Dovevo solo capire il perché
Perché della mia presenza li
Quale sorta di magia o sortilegio mi era stato fatto
Pensavo quasi che Veronica, la mia ex, mi avesse visto passare dal suo balcone e lanciato l’anatema con una bacchetta magica.
Fantasticherie
Dopo circa una buona ora di cammino scorsi il castello
Non era il classico castello di cui si ha memoria
Nè infantile nè austero
Nè con merli e torri imponenti
Nessun ponte levatoio di legno pronto ad alzarsi per difendersi dai nemici
Niente di tutto questo
Le sue forme esagonali erano allungate verso il cielo
Ogni torre aveva colori differenti tra loro.
Le finestre irregolari come fossero disegnate da mani inesperte
Il ponte levatoio in pietra, aggraziato, romantico, come fossimo a Venezia con i suoi canali
E soprattutto aperto a tutti
Una dimostrazione che non si temevano pericoli
Entrai
Nessuna guardia, ma solo matite vassalli che mi portarono al cospetto del Re, senza anticamera alcuna
Quando arrivai di fronte a lui capii subito il perché lo chiamassero in quel modo
Re Matitone
Era gigantesco
Una matita come quelle che compriamo dal cartolaio
Che riusciamo a stento a tenere tra le dita.
Si sarebbe potuto chiamarlo sua Rotondità, ma forse è meglio tacere
Dopo un colloquio molto intenso, capii che la dimensione della sua corporatura era pari alla dimensione del suo cuore
Enorme