Quanti volti potrà ancora avere la luce della nostra speranza? Distratti da un quotidiano pressante, quasi sempre colmo di facili opportunità, di frutti pronti per essere consumati in fretta senza limite alcuno. Molte cose che sembravano essere banalmente lì, tutte in fila, senza nessuno sforzo né impegno per poterle conquistare o semplicemente raggiungere. Ci siamo persi il senso profondo del nostro essere, a dispetto di futili bisogni di facciata. Tutto ci è stato consentito, soprattutto l’inganno dei pensieri facili, sterili come il nulla opulento della noia a imprigionare le nostre migliori risorse mentali, saturandoci di apparenti necessità. Mentre la facile partecipazione della società andava predicando l’unione dei popoli, delle istituzioni. Ciò che ha trasmesso con assurda tenacia, invece, sono stati modelli opposti e uno stile di vita da prenditori e qualunquisti. Sofferenze lontane, pure quelle raccontate nei nostri pressi, portate come vessilli di bontà, giustizia e altruismo. Facili merci da svincolare senza veri percorsi di umanità, se non in simbiosi d’immagini strazianti; spesso create cinicamente ad hoc. Occasioni per smacchiare l’anima nera del mondo, per sentirsi dalla parte dei giusti o di quelli fortunati.
Ecco, ora si riaprono gli occhi improvvisamente, riaffiorando da un caldo sogno, docile, rassicurante e profondo, ma ciò che è apparso al nostro sguardo tuttora stropicciato è qualcosa di inconcepibile, ancora incredibilmente sospeso. Somiglia anch'esso a un sogno da cui, però, non ci si potrà svegliare completamente, se non con il pesante tempo consapevole di ciò che sapremo di avere perduto per sempre. Un lasso temporale dilatato in cui avremo lasciato degli affetti senza precisa volontà. Città, luoghi cari che, forse, non rivedremo mai più con lo stesso incanto negli occhi. Ognuno porterà dei segni profondi dentro di sé, molti spaventi inconfessati e qualche briciola di saggezza in più nelle tasche da poter donare a se stessi, prima di tutto, come alla nuova percezione del proprio prossimo. Una coscienza ultima, ripulita dalle bugie della nostra presunzione di specie.
Sono giorni davvero complicati per me, come per l’umanità intera. Tra le pieghe di questo istante muto e silenzioso si dovranno imparare ancora le distanze da un tessuto sociale e di relazione, che potrà essere ricostruito partendo dalla nostra singola, grezza fibra. Tessendo nuove vite, rammendandone altre, messe a dura prova da un nemico subdolo, caparbio e invisibile che non sapevamo di poter incontrare così facilmente nel nostro cammino d’esistenza. Ci siamo scoperti repentinamente fragili, impotenti sotto le mentite spoglie della nostra arroganza. Ognuno di noi, ora, dovrà impegnarsi cercando di fare la propria parte, se non crede o se non vuole soccombere davanti a questa momentanea deriva. Con impegno, anche se in silenzio, nel rispetto di certe regole che ci sembrano incompressibili e dure da accettare.
Penso con immensa emozione a quegli amori distanti, cui sono stati strappati l’incanto degli abbracci, del dolce suono dei baci, così il profumo della prossimità dei sensi accesi e a tutti gli affetti sottratti in qualche modo. A tutti loro; così a me stesso, dico di non perdere la memoria di questa muta, attanagliante solitudine imposta e della sua profonda tristezza, ma di parlare liberamente al cuore senza maschere imposture. Questo è il momento del coraggio, di mostrare ciò che siamo a noi stessi e a chi ci percepisce con medesimi, intensi colori nella propria anima. Proteggere il valore dei sentimenti praticandoli, manifestandoli in qualsiasi modo. Onoriamo i doni della vita, come lo fanno incessantemente i battiti del cuore e le profonde intenzioni del nostro respiro attento.
© Roberto Anzaldi