«Per chi si fosse collegato solo in questo momento, quarto tempo della finale del campionato di basket interuniversitario. Trieste conduce su Bologna per 75 a 73. Qui in cabina con me il commento tecnico di Giulio Ascagni. Cosa puoi dirci fin'ora su quello che hai visto Giulio?»
«Che dire Andrea! Grandissimo spettacolo da parte di entrambe le formazioni, oltre che una preparazione tecnica non indifferente. Da Trieste, alla terza finale consecutiva, ce l'aspettavamo, ma la Bologna di coach Bisi mi ha davvero sorpreso. Ha saputo rispondere agli assalti avversari colpo su colpo mettendo in atto un efficientissimo Run and Gun che ha colto più di una volta impreparati i ragazzi di coach Perrini. I giocatori di entrambe le squadre hanno dato grande prova di carattere portandoci a una partita ancora del tutto aperta, a pochi minuti dalla sirena.»
«Cosa credi che serva all'una o all'altra squadra per chiudere il risultato?»
«Dopo quattro tempi così accesi e i crampi che si fanno sentire, tutto quello che devono fare è essere pronti a sfruttare ogni errore avversario. Ormai non è più il tempo degli schemi, Andrea. Adesso è il momento che emergano i talenti. Ci vogliono opportunismo e cuore.»
«Cuore?»
«Si Andrea, Cuore. Se riesco a interpretare bene quel sorrisetto, credo che qualcuno lo abbia appena capito.»
A bordo campo, coach Bisi è in piedi da cinque minuti buoni. La lavagnetta degli schemi l'ha lanciata in un angolo almeno sette minuti fa. Non ha più ordini da impartire alla propria squadra, continua a sbracciarsi a dire di correre di più, di pressare più alto, di raddoppiare in difesa sul portatore di palla, ma le sue urla si perdono nel fragore di quel palazzetto gremito di spettatori che riempiono l'aria di quel caos calmo annunciando l'ingresso negli ultimi due minuti di partita. Osserva i suoi titolari, cinque fuoriclasse dotati di tecnica e talento. Ha faticato a metterli insieme, ma li ha resi allenamento dopo allenamento, partita dopo partita una squadra eccellente. Eppure sembrano in difficoltà nell'imporre il loro gioco, nel contrastare il ritmo degli avversari. Quei ragazzi stanno facendo il conto con la stanchezza fisica e mentale di un'accanita battaglia che dura da trentotto lunghissimi minuti. C'è bisogno di qualcosa che dia nuova linfa. Ma cosa? Lo sguardo vaga sulla panchina, osservando volto dopo volto quei ragazzi che a pugni stretti e muscoli tesi incitano i compagni, come se stessero giocando una partita nella partita. Raggiunge l'ultimo giocatore, poi come preso da una folgorazione ritorna a circa metà della panchina con un piccolo sorriso dipinto sulle labbra.
«Claudio, preparati a entrare!»
Nello stupore generale di tutta la panchina, a iniziare dal numero 31, Claudio Scilla.
Non sarebbe venuta. Che stupido era stato a invitarla. Nonostante la tensione alle stelle per quel quarto tempo di pura battaglia non riusciva a fare a meno di distrarsi di tanto in tanto dal campo e alzare lo sguardo agli spalti osservando quel posto vuoto accanto alla mamma, che ancora una volta importunava il povero disgraziato di turno seduto vicino a lei chiedendo il perchè di un fischio, un tiro libero, un'azione. Non c'aveva mai capito nulla di basket, ma questo non le aveva impedito di essere presente a ogni partita, nonostante lui in tutto quel campionato fosse stato poco più di una comparsa.
«Vengo perchè la tua occasione non tarderà ad arrivare e io non ho alcuna intenzione di perdermela.»
La lapidarietà di quella frase troncava ogni tentativo di dissuasione.
Quanto a Irene, dopo quello stupido litigio, semplicemente non sarebbe venuta.
Perso nelle sue divagazioni, la chiamata del coach gli arrivò come una secchiata d'acqua ghiacciata sulla testa. Sobbalzò nemmeno lo avessero sorpreso a rubare.
«Devo fare qualcosa in particolare coach?»
«Si, divertiti.»
«Ultima sostituzione per Bologna. Esce il numero 5, Fausto Barbieri, entra il numero 31, Claudio Scilla. Mi sembra una mossa un pó azzardata Giulio. Capisco che Coach Bisi voglia puntare su giocatori freschi, ma Barbieri è stato sicuramente una delle colonne di questa squadra, lo stesso non si può dire di Scilla. E pare che nemmeno la tifoseria approvi questa sostituzione.»
«È vero Andrea, Scilla ha giocato poco in questo campionato, non ha la preparazione tecnica di Barbieri, ma ha una caratteristica essenziale in questo momento: sa tenere il morale alto. Vederlo giocare ti fa venire voglia di cercarti un canestro.»
«L'azione riprende, rimbalzo a centrocampo, palla per Bologna che porta avanti la squadra con una serie di passaggi rapidi, quel Run and Gun a cui ci ha bene abituato. De Silvestri ancora una volta a coordinare l'azione offensiva»
Lo stridio delle scarpe sul parquet che produce quello Screech tanto acuto da bucarti i timpani. Ha pochi secondi per sentirsi spaesato, i compagni sono caldi, deve prendere velocemente il loro ritmo. Mauri porta palla, da disposizioni. Che dice? È impossibile riuscire a sentirlo in tutto sto casino. Le urla, il rumore delle scarpe e poi quel "Tum Tum" che rimbomba nello stomaco.
Tum Tum. Il suono della palla che rimbalza sul parquet in sincrono con il suo cuore.
Tum Tum. Non è più sul campo adesso. È a casa, sul divano. Ha otto anni e c'è ancora suo padre. Guardano insieme le partite dell' NBA in televisione. Jordan vola e lui sogna l'America.
Tum Tum. «Ti piace il basket?», è la domanda che gli rivolge Irene, la prima volta che si incontrano. Gioca con lei in un campetto improvvisato dietro la scuola. Un canestro, l'asfalto spaccato e qualche riga di gesso dove scorrazzano ogni volta che possono, quando i ragazzi più grandi non ci sono.
Tum Tum. Ha quindici anni adesso, è alto e dinoccolato con qualche problemino di coordinazione. Perde ogni confronto con i ragazzi con cui gioca. Loro frequentano prestigiosi club di basket. Lui ha perso il padre da qualche anno e non può permetterseli. La sua rabbia la sfoga li, su quel campetto improvvisato a provare e riprovare, tiri, passaggi, palleggi.
Tum Tum. È il suono della palla che rimbalza sull'asfalto all'ennesimo tiro da tre sul ferro. Domani ci sono i provini della squadra di basket dell'univesità.
«Ultimo attacco per Bologna. De Silvestri per Veluti che tenta il tiro, chiuso tra due, recupera palla e scarica per Scilla sulla linea dei tre punti»
Tum Tum. È un attimo che si cristallizza. Non ha bisogno di pensare. Il corpo conosce il movimento, salta e si allunga dalla caviglia al polso. Il braccio frusta l'aria, gli occhi sono fissi sul tabellone. Non li vede, ma sente su di se un paio d'occhi, no, due paia d'occhi che col fiato sospeso seguono quell'azione. È in quel silenzio innaturale che l'intero palazzetto viene assordato dal perfetto e inequivocabile Ciaff della palla che attraversa la rete.