In banca Salvatore fa la sua transizione senza alcun problema. Gli rimangono pochi soldi in tasca, decide di andare al bar a prendersi un caffè e telefonare ad Helga per informarla che il bonifico è andato a buon fine. Arriva il giorno della partenza, il falegname non sta più nella pelle, è felice. Tutto si sistemerà. Dall’aeroporto ha telefonato a Carla, le dà appuntamento al suo ritorno e una volta che il divorzio si sarò concluso loro potranno vivere insieme senza doversi nascondere. Lei è felice, gli manda un bacio per telefono e si salutano.
Dopo circa tre ore di volo Salvatore atterra all’aeroporto. Prende un taxi va al Museo di Copenaghen. Scende dal veicolo e si dirige all’entrata del museo. Lo trova chiuso, davanti all’entrata c’è un cartello con delle scritte strane. Non conosce la lingua, si guarda attorno cerca qualcuno che possa aiutarlo, sa un po’ di inglese ma non così bene da farsi capire ne tanto meno capire quello che gli veniva detto.
Disperato decide di telefonare a Helga, entra in un bar e mima un telefono pronunciando “Phone! Pliz!”. La ragazza dietro il bancone lo guarda male, poi capisce e gli indica una zona del bar. Salvatore alza la cornetta, compone il numero e aspetta, dopo qualche squillo risponde la voce di Helga.
«Amore! Sono Salvatore»
«Chi?»
«Salvatore Pastori, sono a Copenaghen per la mostra, ho trovato il museo chiuso, che succede?»
Dall’altra capo del telefono arriva una lunga risata di scherno: «Povero cretino! Nasdrovie Tovarish!», è la voce di Boris, la sua risata si unisce a quella di Helga.
«Ma mi hai detto che mi amavi…», riprende l’uomo credendo che la donna l’avesse tradito con Boris.
«Amarti? Io amare te, non essere sciocco. Se non l’hai capito sei stato appena fottuto. Io non mi chiamo Helga e Boris non è mai esistito. Ti abbiamo teso un tranello e tu ci sei cascato con tutte le scarpe. Povero pollo! Tra l’altro la tua scultura faceva davvero cagare, abbiamo allontanato il ragazzo dalla tua bottega perché rideva come stiamo ridendo noi ora. Non vali un cazzo come artista, resta a fare il falegname che è meglio. Addio coglione!».
La telefonata si chiuse con un secco click!
La permanenza sul suolo danese non fu delle migliori, lo aveva provato nel corpo e nello spirito. Rientrato in Italia Salvatore tornò a casa dove c’era Carla che lo attendeva in tenuta sexy per festeggiare il suo trionfo artistico. Salvatore non era molto in vena di festeggiare, nemmeno di fare l’amore con la sua nuova amante. Appena entrato in casa la ragazza gli salta addosso e lo bacia ma si distacca subito, il falegname puzza di alcol. Gli chiede cosa era successo e perché fosse un quello stato. L’uomo le racconta tutto, di come era stato raggirato dalla donna e infine di sua moglie Agnese.
«Mi stai dicendo che sei stato tu… a tradire… tua moglie»
«Sì», confessa il falegname.
«E io cosa sarei per te, un rimpiazzo!? Una puttana qualsiasi che puoi scoparti per sentirti meglio con te stesso… per dire a te stesso l’ennesima bugia…», incalza Carla infuriata.
«Quale bugia?», chiede Salvatore.
«Quella che sei un uomo… Vaffanculo! Si, vaffanculo! Per un attimo ho creduto che tu essendo un uomo maturo fossi migliore di quei ragazzini che mi corrono dietro. Ma sei solo una merda, un’inutile merdina. Ti saluto coglione!», conclude Carla infuriata. Si alza dalla sedia e va in camera di Vincenzo per cambiarsi.
Salvatore nemmeno la segue, non gli importa niente. “Che se ne vada pure”, pensa tra se. Dalla cantinetta prende un bottiglia di vino, la apre e trangugia il liquido.
Carla ha finito di vestirsi, va alla porta, prima che lei la apra lo guarda.
Salvatore alza la bottiglia di vino in alto sulla testa e dice: «Nasdrovie Tovarish!»
«Ma vai e ammazzati!», fu il saluto dell’infermiera.
Una mattina alla porta di casa bussa il suo amico Riccardo Bosco. Salvatore gli apre, ma è uno straccio, è sbronzo, capelli arruffati e barba lunga, puzza di alcol e fatica a reggersi in piedi. Il suo amico lo sostiene per evitare che cada.
«Perché sei qui?»
«Non ti sei fatto più vivo. Come è andata la mostra d’arte?», chiede il politico.
«Non bene…, risponde Salvatore svuotando la bottiglia.
«Ti devo parlare…», replica Riccardo prendendo la bottiglia dalla mano di Salvatore.
Lo informa che di lì a una settimana ci sarebbe stato un incontro tra lui e la signora Maria davanti al giudice di pace. Gli faranno scegliere, dovrà pagare gli arretrati oppure sarà sfrattato.
«Che se la riprenda pure questa topaia», dice con disprezzo il suo amico.
«Non ti preoccupare, ti starò vicino, muoverò un po’ di gente del partito. Vedrai andrà tutto bene», lo rassicura il politico.
Riccardo riprende a parlare. Gli dice che quello stesso giorno poi dovrà trovarsi nel suo ufficio per firmare la carte del divorzio.
«Giornata piena!», dice con sarcasmo Salvatore.
«Datti una ripulita e renditi presentabile sia davanti al giudice sia davanti a me. Hai capito?», intima l’uomo strattonando l’amico. Poi lo saluta e va via.
Il giorno dello sfratto, qualche ora prima dell’arrivo del giudice e della signora Bretoni, davanti alla casa si piazza un gruppo di persone con in mano le bandiere del partito politico di Bosco, il quale si presenta ben vestito e tronfio, saluta Salvatore e gli ripete che “andrà tutto bene”. Arriva la signora Bretoni con il giudice di pace entrano in casa, dietro di loro Riccardo Bosco.
«Cosa ci fa qui questo signore?», chiede la signora Maria.
«Permette! Sono Riccardo Bosco consigliere comunale, sono qui per solidarietà verso il signor Pastori. Potrei entrare e…», dice sorridendo il politico.
«Decide la signora se farla entrare, dopotutto la casa è della signora. Cosa ne pensa?», chiede il giudice.
«Fuori da casa mia!», dice imperiosa la donna.
«La prego di uscire», invita con gentilezza il giudice.
Bosco esce dalla casa.
Santiago Montrés