C’era una volta, in un paese non troppo lontano, una bambina che si chiamava Procopia. Procopia viveva felice in un castello col tetto tutto d’oro zecchino insieme al padre, Re Paciocco, e alla madre, Regina Carina.
Il Conte Stellario abitava giusto dirimpetto. Egli desiderava tantissimo per il proprio palazzo una copertura sbrilluccicante che potesse rivaleggiare con quella del Re. Dovete sapere che nel regno di Paciocco, i metalli preziosi erano riservati per legge alla famiglia reale e a nessun altro, così il Conte si era dovuto accontentare di comuni lastre di ardesia. Discendendo da una casata fondata al tempo delle Crociate, egli vedeva quella proibizione come un affronto. Iniziò così a covare invidia e presto l’invidia si trasformò in odio aperto per il Sovrano. Un giorno, non potendone più, Stellario irruppe nella Sala del Trono e, con due colpi netti di scimitarra, staccò la testa al Re e alla Regina, prese la Corona e se la pose sul capo. La piccola Procopia pianse disperata alla vista di tutto quel sangue. L’Usurpatore sapeva bene che in futuro ella avrebbe potuto reclamare il trono ma, vedendola tanto afflitta, non ebbe il cuore per ucciderla e ordinò ai suoi uomini: «Rinchiudetela, nella torre più alta del castello!».
La principessa fu condotta in una cella dove venne trattata con tutti i riguardi dovuti al suo rango. Si diceva che l’Usurpatore avrebbe voluto sposarla quando fosse stata abbastanza grande. Né la splendida vista sui tetti dorati né i deliziosi manicaretti che le venivano serviti valsero però a consolarla, e la poverina trascorse molti giorni tristi, salati come le lacrime che le rigavano il viso.
In un lungo pomeriggio d’estate, d’improvviso, un grande cervo con enormi corna ramose apparve proprio dentro la stanza di Procopia. Immaginerete il terrore della piccolina!
«Non temere», fece l’animale. «Sono il principe Azzurro. Il crudele Mago Merlotto si vendicò di me perché una volta gli pestai inavvertitamente i calli e mi trasformò in quello che vedi. Il Mago doveva essere un po’ brillo e avrà sbagliato qualcosa nell’incantesimo: ho acquisito così il potere di volare e passare attraverso i muri. Posso pure rendermi invisibile ogni volta che lo desidero. Volavo da queste parti e ti ho sentita piangere. Come posso aiutarti?».
La principessa gli raccontò la sua storia. Da quel giorno, i due trovarono conforto l’uno nell’altra: trascorrevano molte ore insieme, discutevano, giocavano, leggevano favole. Non potevano essere felici, naturalmente, lei rinchiusa in una cella e lui con l’aspetto di un animale. Ma soprattutto in simili casi, l’amicizia può essere un conforto.
Insieme, cercarono di escogitare una soluzione per i problemi che li affliggevano. Fu Procopia ad avere l’idea: «La sera, dopo avermi servito la cena, i guardiani lasciano la chiave della cella nel buco della serratura. Tu potresti prenderla e aprirmi, di notte, quando dormono tutti».
«Non credo», rispose Azzurro, «con questi zoccoli non posso certo girare la chiave nella toppa!».
«Con la bocca, però, puoi tirarla fuori. Mi farò portare carta da disegno e ne farò passare sotto la porta un foglio. Tu farai cadere la chiave, io tirerò il foglio e aprirò dall’interno».
Così fecero e furono liberi. La principessa montò sulla groppa del suo amico cervo e, insieme, scorazzarono a lungo nei cieli. Quando si stancarono, Azzurro, che era assai coraggioso e molto abile con la spada, propose: «Ucciderò Merlotto e Stellario! Torneremo nei nostri castelli, tu sarai Regina e io Re».
«Non credo», disse Procopia, «senza mani non puoi maneggiare armi né sperare di trovare aiuto. Nessuno dà retta a un cervo, non importa se vola. E poi, se pure tu uccidessi Merlotto, non potresti mai sciogliere l’incantesimo che ti ha lanciato».
Era vero. Così, più prudentemente, fuggirono e si nascosero nel bosco, in attesa di tempi migliori.
Trovarono riparo in una casetta di legno con un bel giardino, assai graziosa ma abbandonata da tempo. C’erano ragnatele ovunque e i due si dovettero dar da fare per ripulire tutto. I letti, poi, erano troppo piccoli. Per poter dormire, dovettero usarne tre ciascuno.
«Mancano soltanto Biancaneve e i sette nani», disse Procopia.
In breve, la casetta tornò ad essere linda e confortevole. Far bene le pulizie, talvolta, riserva piacevoli sorprese. Nascosto in cantina, in un vecchio baule, i due trovarono un librone tutto consunto. Sulla copertina impolverata e scolorita era scritto: “Incantesimi e ricette magiche”. Procopia, eccitata, cominciò a sfogliarlo.
«Guarda!», disse al suo amico. «C'è un incantesimo che fa per noi! “Come trasformare un principe in cervo volante».
Reperire gli ingredienti non fu facile. I cervi che volano e posseggono il potere dell’invisibilità hanno tuttavia molti vantaggi rispetto ai comuni mortali. Azzurro volò fino a Parigi per procurarsi la polvere di mummia che occorreva, e la rubò proprio sotto il naso dei custodi del Louvre. Al suo ritorno, Procopia aveva già posto un paiolo sul fuoco: «Ali di pipistrello… veleno di vipera… polvere di mummia egizia...».
Quando il principe-cervo bevve un po’ della pozione fumante, una nebbiolina azzurra lo avvolse e, quando questa iniziò a dileguarsi, apparve... un cervo volante! No, non avete capito, l’aspetto del principe mutò, eccome: non rimase un cervo che vola, divenne un cervo volante, cioè quel grosso coleottero che si nutre di legno e somiglia a un comune scarafaggio. Com’era stato possibile? Rileggendo bene la ricetta, Procopia si rese conto di aver compreso male il titolo. Tuttavia non si perse d’animo. Cercò subito un nuovo incantesimo per trasformare il cervo volante in principe. Purtroppo, nessuna delle magie riportate nel librone sembrava fare al caso loro.