Mancava un’ora a mezzanotte e io dovevo ancora sbarazzarmi dei due cadaveri, nascosti nel baule.
Fermo, incolonnato in strada, stipato assieme a migliaia di automobilisti, anche loro, probabilmente, col loro misfatto da redimere o nascondere. Sì perché questa cosa del «No Law Day», la giornata senza legge instituita dal Governo per chiudere un occhio e lasciar risolvere ai cittadini i mille contenziosi, le pratiche civili e penali inevase e i processi infiniti, aveva fatto perdere il senno a tutti.
Pura follia! Per ventiquattr’ore lo Stato lasciava completa libertà alle persone di sbrigarsi tra loro, in qualsiasi modo, lecito e non. Così, già alle prime ore dell’alba ero corso dai bambini per chiuderli in cantina con mia madre e verso le due sfrecciavo a tutta velocità a casa del mio capufficio (era domenica, ma se anche fosse stato lunedì, l’ufficio sarebbe stato chiuso ugualmente, ovviamente).
Gli sparai due colpi in fronte mentre tentava di chiudersi in garage.
Aveva la coscienza sporca quel bastardo e tanto, se non fossi stato io, qualcun altro lo avrebbe fatto fuori. Se lo meritava.
Trascinato il corpo esanime nel baule, mi avviai di corsa verso quel gran pezzo di merda della mia ex moglie, che mi aveva prosciugato il conto corrente e messo praticamente sul lastrico. Sulla strada riconobbi il mio amico John, barcollante e sanguinante sul ciglio della strada, ma finsi di non vederlo. Non era il giorno giusto per dare passaggi a persone autorizzate dalla legge a commettere qualsiasi crimine. Avrebbe potuto uccidermi per qualsiasi motivo, anche a me ignoto. Quando mi si buttò davanti, fui costretto a metterlo sotto.
E così i cadaveri nel baule divennero due. Avrei dovuto fare spazio per quello di mia moglie ma ero fermo in colonna e mancava meno di un’ora a mezzanotte.
Cristosanto, che giornata sprecata, pensavo tra me.