Già da quando salivamo insieme le scale della scuola
Tu che le facevi a due alla volta ed io ingabbiato in una armatura metallica
Che mi sorreggeva il corpo ma che con occhi di bambino immaginavo fosse la mia corazza da cavaliere
Quando tu arrivavi per prima in cima mi lanciavi un gran sorriso ed io ne ero felice
Mi era da sprono e riconoscimento
Ancora bene non capivi cosa avessi e forse non me rendevo conto neanche io
Lo zaino sulle spalle di mamma ed i miei denti serrati per lo sforzo
Tra i banchi di scuola sedevo in prima fila e dovevo stendere le gambe per essere un po' più comodo
La maestra era sempre carina con me ed anche una altra ragazza che mi avevano assegnato
Mi piaceva la scuola ed anche ciò che imparavo
A modo mio intervenivo e partecipavo
Adoravo la Geografia, mi faceva volare in posti che forse non avrei mai visto
Ed anche quando si parlava degli antichi Greci, guerrieri indomabili
Quando giravo lo sguardo verso di te, lo leggevo negli occhi
Era sempre quello sguardo di chi si domandava il perché del mio stato
Io a volte abbassavo lo sguardo
Non avevo una risposta vera e propria
E pensandoci bene faceva anche un po' male volerlo sapere
Ma in fondo non potevo scegliere altro se non tener testa a quella disabilità
Il termine scientifico lo conosco, in quanto avevo fatto conoscenza con medici vari nei pochi anni scorsi della mia vita
A volte avevano soluzioni diverse sulla mia malattia, ma la parola ultima era sempre quella
La chiamano schiena bifida
Ma a me veniva sempre di chiamarla “perfida”
Mia mamma mi disse che fossi un po' speciale per tranquillizzarmi
Ma anche un po' più fragile
Ho sempre creduto alle cose mi diceva, in fondo chi poteva amarmi più di lei
Mi piaceva molto anche andare in piscina
Li mi levavano tutto e con garbo sostenendomi la schiena e mi facevano scivolare in vasca
Avevo Mirko che mi faceva giocare ed ero sempre felice quando ero con lui
Mi faceva sentire sicuro delle mie possibilità
Avevo anche lo sguardo vigile sempre del mio papà, dagli spalti della piscina
Che mi indirizzava sempre dei pollici tirati in su per darmi la carica
Quando uscivo dalla piscina a volte ti incontravo e mi salutavi con un – Ciao Nicolas-
Mi piaceva da matti, come fossi la mia ragazza dagli occhi chiari ed il sorriso più bello al mondo
Anche i miei genitori si salutavano cosi
Tutte le mattine
Con quel piacere di vedersi
Ed un istante dopo avevo i loro abbracci su di me
Un’ altra cosa che adoravo erano i miei animali
La gioia del cane che saltava in aria per giocare con la palla che gli aveva lanciato papà
Ed i micini che infilavano la testolina in qualsiasi punto del mio corpo, pur di avere le coccole
Avevi ancora quello sguardo quando alle giostre ci incontrammo
Mi lanciasti quelle palline bianche in recipienti di vetro
E dopo tanti tentavi riuscisti a vincere quel pesciolino rosso
Te lo regalai certo che ti avrebbe fatto pensare a me
Quando la scuola media terminò, le nostre strade si divisero per molti anni
Furono ancora delle scale che ci fecero incontrare
Questa volta da soli
Nessun genitore ne assistenti ne medici
La mia carrozzina azionando un tasto saliva le rampe
E le scale accoglievano le tue gambe ormai da donna
Ci riconoscemmo subito
Un momento emozionante, di chi, non aveva mai dimenticato l’altro
Il tuo sguardo cedette passo alla domanda
Del perché fosse accaduto a me tutto ciò
Anche li non seppi rispondere se non con un sorriso che potesse tranquillizzarla
Su la panchina parlammo tanto
Anche della mia disabilità e di come avessi affrontato tutte le strade impervie che mi erano state aperte
Ma anche dell’ostinazione di chi non molla mai
DI chi fa anche di una malattia un punto di ripartenza
E di chi capisce quanto la vita sia nel mio caso cosi “diversamente” meravigliosa