Nei giorni successivi, ogni volta, attendevo con allegria il doppio suono del citofono, temendo che, per un motivo o per l'altro, Alice potesse non passare per la via. La sua presenza era un motivo di speranza, una possibilità in più che mi era concessa per aggiungere qualcosa di nuovo alla nostra conoscenza. Un lunedì, dopo un fine settimana di forte pioggia, la vidi arrivare con un sorriso ancora bagnato, e con i capelli incasinati dal vento. Nonostante la cascata di acqua che era caduta, il suo morale era luminoso e caldo.
"Ancora qui?!" dissi scherzando, mentre cercavo di sistemare un po' la cucina, preoccupato che la mia casa apparisse disordinata. "Ti disturbo? Mi domandò". Quel giorno per me non c'era nulla; mi aveva citofonato solo per stare con me, per vedermi anche solo per un attimo e quell’incontro, che avrebbe dovuto essere come gli altri un breve scambio di battute, un caffè e poi via, diede il via ad una vera amicizia. Parlammo delle piccole cose: dei libri che amava leggere e dei sogni che aveva. Mi confessò di avere 41 anni e di non avere amici. Scoprendo che condividevo la sua passione per la lettura, il nostro legame si fece più forte; la timidezza di Alice iniziò a sciogliersi e, per la prima volta, la vidi davvero com'era.
Accompagnandola verso la Panda, il suo sguardo si fece serio e mi fissò negli occhi già con la portiera aperta. "Sai, non è da tutti prendersi cura degli altri, mi piace avere qualcuno con cui condividere anche un semplice caffè," e nel suo sorriso c’era un qualcosa di più autentico che non avevo mai potuto cogliere.
Le visite di Alice divennero sempre più frequenti, non ero solo un cliente al quale consegnare la corrispondenza: ormai ci incontravamo anche la domenica, dimenticando per un giorno le nostre vite, stagnanti in un'immobilità quasi paludosa, che cominciarono a riempirsi di nuove esperienze e sensazioni, regalandoci lunghi momenti di serena allegria. Alice era una persona nuova, una donna molto determinata, che sapeva il fatto suo. Possedeva un intuito sorprendente unito ad una vivace intelligenza: aveva una laurea in scienze dell'educazione ma nonostante i vari concorsi non era mai riuscita ad insegnare se non in qualche supplenza e io, grazie a lei ero diventato un po' meno metodico e un po' più aperto alla vita.
Ma i cambiamenti anche se spontanei e indotti da un desiderio reale di farsi conoscere meglio, non sono mai privi di ricadute. Conflitti e insicurezze cominciarono a insinuarsi tra noi. Alice, pur essendo una persona solare, improvvisamente cadeva in una tristezza e malinconia che mi erano purtroppo familiari e che non sapevo come affrontare.
Durante una delle nostre uscite, passeggiando sotto i portici della città stipati di tavolini all'aperto e da una rassegna di negozi, molti dei quali con le saracinesche abbassate, mi fermai d'improvviso davanti a lei, sbarrando il passo e chiedendole cosa c'era che non andava.
A quel punto, rompendo un silenzio che pesava già da un po' mi rispose: "Ho paura" confessò. "Ci sono scelte che una volta fatte, non puoi più cambiare, se decidi una cosa, è quella e non puoi ripensarci".
In quel momento capii che il nostro rapporto stava cambiando: non eravamo più solo amici per caso; le ore trascorse a condividere la vita con le nostre fragilità, ci avevano spalancato un nuovo orizzonte che comprendeva anche il rischio di ferirci e di farci male.
Cominciammo a incoraggiarci a vicenda, mettendo in discussione i nostri pensieri e le nostre certezze; volevamo a tutti i costi dare un senso a quello che eravamo.
Un giorno, dopo una lunga chiacchierata, seduti comodamente sul divano di casa mia, Alice si alzò di scatto. "Ho bisogno di stare da sola per un po'. Non prenderla come un momento di pausa, perché non lo è, non sappiamo nemmeno chi siamo noi due e cosa vogliamo l'uno dall'altra. Devo mettere a fuoco i miei sentimenti, capire cosa davvero voglio. Non so se sarò capace, ma voglio provarci." Non sapevo cosa dire, mi sentivo perso in qualcosa che già avevo vissuto e che avevo giurato non mi sarebbe più capitato.
"È per la differenza di età fra di noi? In fondo capirei, vent'anni non sono pochi". Ammise che anche quello era un motivo di perplessità, "So di volerti bene e tanto, ed è la cosa che mi fa più paura, mi sveglio e mi manchi, ti sento nella mia vita in ogni momento. È una sensazione che mi crea spavento e vertigine. Sono abituata a stare sola, un po' come te del resto, però ho paura di non poter più stare senza di te". Un senso di sconforto e di sconfitta mi stava rabbuiando. Rimasi seduto sul divano, fissavo il vuoto, mentre lei si era girata a guardare il muro. Avvertivo le sue lacrime sommesse e alzandomi l'abbracciai da dietro appoggiando la testa sulla sua spalla. Alice si girò di scatto e mi baciò di rabbia, un bacio che non era solo un sigillo su una relazione mai esistita, ma anche un dolore che esplodeva nelle nostre bocche. Mi spogliò con un desiderio incontrollabile, quasi cattivo, io facevo altrettanto con lei, poi mi buttò sul divano coricandosi sopra di me. E fu amore preteso e rubato, necessario, un appartenersi di qualche ora, due solitudini che in un afflato di passione diventavano una. Alice e io volevamo qualcosa sapendo però che era irraggiungibile.
Alice, continuò nel suo proposito. La pausa che si era imposta con un “ciao” pronunciato quel giorno, era diventata un addio.
Citofonava sempre due volte, ma lasciava la corrispondenza nell'apposita cassetta, così come suonava ogni giorno il clacson della Panda bianca passando davanti alla mia casa. Non la cercai più nemmeno io; col tempo imparai che quello che ci era successo era un monito costante per ricordarci che anche le vite più tranquille e mediocri, possono essere stravolte da incontri che non ti aspetti per diventare appassionate e ricche.
Dobbiamo solo avere il coraggio di aprire la porta.
Grazie per avermi ascoltato fino in fondo