La campagna, piatta, monotona sempre uguale. Rari filari di alberi spogli delimitano i confini di proprietà e costeggiano i fossi gelati. Trenta centimetri di neve coprono in modo uniforme ogni campo, ogni sentiero, ogni cosa. Il bianco abbacinante alla luce debole di un sole che appena traspare dalle nuvole. Freddo, gelo, vento che taglia la faccia. Non un essere vivente in tutto quel freddo, solo Cecchino, contadino a giornata senza lavoro. Si stringe nell'ampio mantello di panno nero e caldo. In testa un cappellaccio calcato sugli occhi e la bisaccia a tracolla e ai piedi le calze di lana che gli ha fatto la sua compagna, tengono caldo nelle sabò di legno. Ha freddo ma va avanti lo stesso. Questa è stata l'ultima nevicata della stagione e se domani uscirà il sole in poche ore si scioglierà la neve e i campi saranno pronti per i nuovi lavori. Cecchino deve raggiungere una fattoria in mezzo al nulla dove lo aspettano per i lavori agricoli primaverili. La strada è ancora lunga e lui è l'unico essere vivente sul sentiero, per fortuna non vi sono lupi o altri animali in giro. Accanto scorre un ruscello quasi coperto dal ghiaccio e fra qualche centinaio di metri passerà sotto un ponticello incrociando la sua via.
In prossimità del ponte Cecchino, sente un gemito. Si guarda intorno e davanti a lui, in mezzo alla strada vede una forma indistinta per terra. Si avvicina con cautela, è una lince. Piccola, quasi un cucciolo, un grosso gatto dal pelame grigio striato, le orecchie appuntite e le zanne di tutto rispetto, per non parlare degli ertigli acuminati. L'animale è evidentemente ferito, una macchia di sangue si allarga nella neve sotto di lui. L'uomo, senza alcun timore si avvicina e le parla dolcemente. L'animale, in un primo tempo diffidente gli risponde ringhiando, vorrebbe alzarsi ma la ferita glielo impedisce. Cecchino allunga una mano e l'accarezza. <<Non aver paura, piccola. Voglio solo curarti. Calma, brava così...>>. Le sue mani rozze e piene di calli sanno essere gentili.
Dalla sua bisaccia prende del disinfettante e delle bende e con cautela disinfetta la ferita. E' un uomo previdente e porta sempre con se l'occorrente per piccole medicazioni perché ai contadini capita spesso di ferirsi con attrezzi arrugginiti. Il taglio non è molto grande ma l'animale ha perso molto sangue. Chiude meglio che può la ferita e la cosparge di polvere di penicillina, usa tutte le bende che ha per fasciare al meglio la coscia e il fianco posteriore. La lince forse ha capito quel che sta facendo perché è rimasta immobile e si è lasciata curare tranquillamente.
<<E ora cosa facciamo?>>, chiede e si risponde <<Ti porto con me e quando starai meglio ti lascerò libera>>. Detto fatto. Si carica la bestiola sulle spalle ed è meno pesante di quello che credeva. In lontananza si delinea il profilo scuro delle case e della fattoria che deve raggiungere. <<Speriamo non facciano storie, ho davvero bisogno di questo lavoro ma tu hai bisogno di aiuto. Capiranno>>.
Riprende il cammino con passo spedito, non sente più freddo perché il corpo caldo della lince gli avvolge il collo e gli dà immenso piacere il ronf ronf sommesso di gratitudine. Si sente felice come sempre quando può aiutare qualcuno. Pensa a quando Gita, la sua compagna, lo raggiungerà e le racconterà tutto e rideranno insieme.
Dedicato alla memoria di Francesco Morino, contadino analfabeta con un cuore grande e pieno d'amore per tutti. (Viveva insieme a Gita da tanti anni e si davano del voi)