Sto guidando da ore per arrivare a Roma in tempo per la mostra d'arte varia che si terrà in una nota galleria, e da Torino in autostrada il tempo non passa mai. Mi sto annoiando. Alla prima uscita metto la freccia ed esco senza nemmeno guardare l'indicazione del paese. Pago un pedaggio esoso, ma mi sento libera. Mi fermo, senza spegnere il motore e faccio un lungo sospiro liberatorio. Riparto e dopo poche centinaia di metri trovo un'interruzione. L'unica indicazione una freccia bianca in campo azzurro dice di svoltare a destra. Non un nome, un comune, un paese o una frazione: il nulla. Le indicazioni servono a poco, sono di sicuro poco dopo Grosseto, basta andare verso sud e tutte le strade portano a Roma. Percorro alcuni chilometri senza incontrare anima viva, nemmeno un'auto o una casa e nemmeno animali anche se siamo in una zona di pascolo brado. Strano, di solito le campagne italiane sono sempre piuttosto affollate. Finalmente vedo in lontananza una fattoria o qualcosa di simile, sembra farlo apposta ma il motore si spegne proprio davanti al cancello di ferro di una casa molto vecchia con annessa stalla chiaramente disabitata. Tento più volte di rimettere in moto un motore ostinato che non ne vuol sapere di ripartire. Rassegnata, scendo e mi avvicino al cancello. Non so se ci sarà qualcuno perché non vedo segni di vita. Nemmeno un cane, come ci si aspetterebbe in un posto così isolato. Vedo una catena che scende da un foro del pilastro a lato, penso ' sarà il campanello'. Provo a tirare e faccio un balzo indietro perché non mi aspettavo il daling dalong, daling dalong, di un campanaccio da mucca, che si propaga fastidioso nell'aria. Subito la porta si apre e ne esce una donnetta non tanto alta, vestita da contadina, coi capelli neri untuosi e un grembiule pieno di macchie di grasso <<Che vuole? chiede sgarbata.
<<Mi scusi, ho il cellulare scarico e la macchina in panne, potrei chiamare l'assistenza col suo telefono?
<< Non c'è telefono. Se vuole si può fermare qui e domattina l'accompagno al paese più vicino. Io di pomeriggio non esco mai.
<<Per me domani potrebbe essere troppo tardi, ho un appuntamento in serata. Devo incontrare degli amici.
<<Peccato ma io di pomeriggio non esco mai. Le apro il cancello così può spingere dentro la macchina, le darò da mangiare e un posto dove dormire. Domani all'alba ti accompagno al telefono.
Devo fare buon viso a cattivo gioco, spingo nel cortile la defunta e la signora che dice di chiamarsi Misery, mi aiuta a spingere, e richiude il cancello dietro di noi. Non ha serratura è solo appoggiato un battente contro l'altro. Strano.
La casa è pulitissima e ordinata tenuta con una cura quasi maniacale è composta da un beve corridoio su cui si aprono due camere da letto un bagno, un salotto e la cucina dove mi fa accomodare. I suoi modi si sono fatti più gentili, mi porge una sedia imbottita, foderata in pelle <<Siedi, sto preparando il pranzo e devo controllare le pentole
<<Si sente un profumino davvero invitante, che fai di buono? Chiedo con un certo languorino.
<<Nulla di speciale solo un arrosto con patate e verdurine. Spero ti piaccia. con la fame che sento credo mangerei tutto il manzo intero corna comprese. Che lei ama la buona tavola lo si capisce subito perché è rotondetta. Ha gli occhi neri, magnetici. Enigmatici. Parliamo del più e del meno come fossimo vecchie amiche, finchè l'occhio mi cade su un pc aperto che sta su di un tavolino sotto alla finestra. Strano perché qui non c'è elettricità, ma vedo la scritta Letture da Metropolitana. Il sito che conosco bene essendo il mio preferito, l'unico su cui posto i miei racconti. <<Scrivi anche tu su LdM?
<<No, purtroppo non so scrivere. Mi piace leggere ma l'autore de Il Concerto ha commesso un crimine, non doveva far morire la protagonista.
<<Ma non è morta perché l'autrice ha scritto un racconto di pura fantasia..
<<Allora perché descrivere il funerale e il tempio crematorio. No, no è proprio morta e Flavia non deve morire perché deve ancora scrivere altri racconti. Sono stupefatta. Tento vanamente di giustificare il mio operato ma lei insiste
<<Si vede che non capisci come vanno queste cose. Scrivono senza tener conto dei sentimenti di chi legge. E' furiosa e non so come farla ragionare, clicco sul tasto autori e cerco il nome Flavia. Mi guarda sospettosa <<Hai a che fare anche tu con questi?>>
<<Flavia sono io, e ho scritto Il Concerto, ispirandomi al racconto di un amico che uscirà fra breve
<<Riporta in vita Flavia. Non può morire.>>
<<Non posso prometterti nulla perché scrivo solo quel che la fantasia mi ispira, perciò Flavia potrebbe rinascere e morire ancora tante volte. Si gira di scatto, il volto deformato da un ghigno <<Ti punirò per questa tua fredda indifferenza.>> Agguanta un grosso coltello da macellaio e prima che io possa reagire mi prende una mano e la tiene ferma sul tavolo di marmo, con una forza insospettata in una donna così piccola. Il colpo cala preciso e mi taglia netto il mignolo della mano sinistra. Urlo di dolore, ma lei fredda e indifferente, prende l'occorrente per medicare. Ferma l'emorraggia con l'abilità di un chirurgo e mentre mi fascia la mano mi informa <<Ti taglierò un dito per volta se non prometti che farai rivivere Flavia. Sono infermiera specializzata posso continuare all'infinito.
<<Sei pazza, io sono solo una scribacchina nemmeno una scrittrice vera, che posta racconti sul sito LdM, non sono in possesso della vita degli altri e i miei sono solo personaggi di carta.