Cammino in mezzo alle macerie e calcinacci che la vite americana, i rovi e l'edera hanno ricoperto completamente. La mia roncola lavora incessante per aprire un varco che mi permetta di avanzare. Questa è la strada principale della città, dove un tempo nemmeno troppo lontano correvano auto veloci, motociclette rombanti ed ecologiche biciclette. Le case, crollate prima a causa di un terremoto al settimo grado e poi sotto le bombe, erano rovinate una sull'altra invadendo le strade. Quasi tutte le vie sono nella stessa situazione, piene di macerie. La città, bellissima orgoglio e vanto della nazione per i suoi tesori artistici, è completamente rasa al suolo. Mi giro per vedere se la bambina mi segue, ha circa dieci anni è alta e magrissima, i capelli raccolti in una grossa treccia nera che porta su una spalla come un grosso serpente nero che lei tormenta con le dita nervose. I suoi occhi neri e misteriosi sono fissi su di me. Non ha ancora detto una parola da quando l'ho trovata, rannicchiata sotto ad un portone. L'ho chiamata e si è chiusa in se stessa quando ho cercato di darle la mano, è uscita dal suo rifugio con le braccia incrociate per non farsi toccare. Ho pensato avesse subito qualche trauma e non ho insistito e lei mi ha seguita di buon grado.
A poca distanza da noi vedo una lepre mutante, mi guarda con gli occhietti feroci e mostra i denti più velenosi del Mamba nero. Senza pensarci due volte estraggo la pistola e sparo. Un solo colpo dritto in testa, intorno si spande una sostanza gelatinosa grigioverde, il cervello, credo. La bimba si ritrae inorridita e mi fissa con paura. <<Tranquilla, piccola, ho dovuto farlo. Se ci avesse morso per noi sarebbe stata la fine>>. Sorride, un sorriso da lupo. Non so cosa aspettarmi da lei, non la conosco abbastanza. Ci sono stati troppi cambiamenti avvenuti a causa della radioattività che ha modificato molti organismi, compreso il mio. Sono ferma nel tempo e non invecchio di un giorno, ferma alla prima bomba caduta quasi per errore sulla nostra città. Avevo settant'anni, dovrei essere morta da almeno dieci e ne ho circa centocinquanta, mal contati, e il mio fisico è quello di una donna di trenta. Sono ringiovanita.
Un uomo sta venendo verso di noi, anche lui fatica a farsi strada con un machete fra i rovi e l'edera. Mi sorride amichevole anche se so che è sulla difensiva. <<Buongiorno a voi, se state andando al villaggio della Gran Madre non troverete nessuno. C'è stata un'incursione di mostri mutanti, gli Uomini Gatto, che hanno ucciso tutti e li hanno mangiati. Hanno impiegato dieci giorni e alla fine non c'era più nulla da mangiare e il villaggio completamente bruciato non esiste più>>.
<<Terribile, non sapevo dei Gatti, sono una specie nuova?>>
<<Credo di si, è da poco che girano qua intorno>>
<<Da dove vieni?>>
<<Dalla collina, su da noi si può ancora vivere bene e abbiamo una buona difesa contro quei mostri, contro tutti i mostri. Gli uomini foglia o le lepri velenose e tanti altri che erano innocui ed ora sono letali>>.
<<Adesso che posso fare, quello era il mio villaggio e la mia gente. Sono rimasta sola>>. In quel momento si accorge della bambina. <<Come mai ti porti appresso quel piccolo mostro? Sei anche tu della sua specie?>>
<<Certo che no, l'ho trovata sola e impaurita in mezzo alle macerie di una casa. E' spaventata, povera piccola>>.
<<La povera piccola aspetta solo che il sole tramonti, poi ti abbraccerà stretta e ti trasmetterà sulla pelle tutto il suo veleno paralizzante e ti mangerà viva senza che tu possa difenderti.>>
<<Ma sei pazzo, è solo una bambina!>>
Lei intanto si tiene a distanza e il suo viso è deformato da un ghigno satanico, mostra una chiostra di denti acuminati come quelli di un caimano. Prendo la pistola con mossa rapida, ma l'uomo è più svelto di me e con un colpo di machete le stacca di netto la testa che rotola sui sassi. Gli occhi restano aperti e mi guardano con espressione feroce. L'uomo si scusa.<< Ci sono troppi di questi esseri mutati, noi umani siamo molto pochi. Le radiazioni hanno cambiato il mondo peggio delle bombe>>.
<<Chi mi dice che posso fidarmi di te. Potresti essere un mutante anche tu>>.
<<Fidati, sono umano e tutto intero. Mi chiamo Andrea, se vuoi puoi venire su al mio villaggio. Sai fare qualche lavoro?>>
<<Purtroppo so fare poco, sono maestra elementare, ma non vedo molti bambini. MI chiamo Gloria>>.
<<Perfetto, sù ci sono una ventina di ragazzini che hanno giusto bisogno che qualcuno li metta in riga>>.
Penso che non sono mai riuscita a mettere in riga nessuno ma l'idea di stare con dei piccoli mi piace tantissimo. Mi strige la mano e la sua stretta è forte e vigorosa. <<Ti ho vista da lassù che faticavi in mezzo alla sterpaglia e sono venuto a prenderti per aiutarti.>>
Ripercorre la strada che ha tracciato e io al suo fianco mi sento sicura, tra poco saremo al villaggio e ricomincerà una nuova vita.