Estate del 1956, un gruppo di ragazzi esce dal bosco cantando con voce cavernosa, o perlomeno facevano di tutto perché risultasse tale.
<<Quindici uomini, quindici uomini sulla cassa del morto, yohohoh, yohohoh, e una pinta di rum, e una pinta di rum...>> La vecchia canzone dei pirati era diventato il loro inno di guerra e la cantavano tutte che capitava di giocare ai pirati. Oggi, appunto, era quel giorno. In spalla un bastone più o meno dritto, più a meno nodoso e pesante, in base alla forza fisica del proprietario. Non sono quindici, ma solo una decina di scalcinati eroi. Un'armata Brancaleone ante litteram. Il più autorevole, Giorgio, apre la fila e marcia spedito verso la piccola piazza della fontana, dove si radunano per decidere cose di fondamentale importanza (tipo se conviene caricare la fionda con un ciottolo tondo o un sasso normale), dietro di lui veniva Giancarlo, il suo luogotenente e via a seguire tutti gli altri, l'ultima Daniela, l'armaiolo del gruppo. Con la sua abilità e inventiva costruiva le fionde e gli archi e le frecce di legno di nocciolo o con le bacchette degli ombrelli vecchi, appuntite e con la penna del giusto peso. Non mancava mai il bersaglio appeso al grande castagno al limite della radura. La tenevano nel gruppo solo per quello, avevano sempre bisogno di armi e lei sola le sapeva costruire. Per il resto non la volevano, nemmeno le altre ragazzine. Oggi è un giorno come tanti, di un mese come tanti prima delle vacanze scolastiche e il bosco è un'ottima palestra, e loro si sentivano padroni di un mondo misterioso. La montagna, piena di avvallamenti e anfratti e persino un gruppo di baite distrutte dal tempo e da un incendio provocato da un fulmine, mostravano ancora tracce di vita vissuta. Una in particolare, perfettamente integra e chiusa a chiave. L'interesse di Daniela per quella casa diventava sempre più impellente, voleva assolutamente sapere cosa ci fosse dentro, e cercava di scoprirlo ogni volta che vedeva Ester, la proprietaria. Era così distratta dal suo sogno che non si rese conto di essere arrivata nel cortile e va a sbattere contro Ezio, lui si gira ringhiando <<Si può sapere che fai, stai dormendo?>> Forse sarebbero venuti alle mani senza l'intervento di Giorgio <<No che non dorme, ha solo la testa fra le nuvole. Donne. Che facciamo stasera?>>
Si aprì un vero e proprio dibattito in cui tutti parlavano e volevano farsi sentire e gridavano di più. Daniela, silenziosa si allontana e torna a casa dove l'accolgono i rimproveri della dolce mammina <<Sei peggio di un maschiaccio, quando la finirai di comportarti così....>>
La musica dura fino all'esaurimento del vocabolario materno, ma lei non la sente. Ha preso in mano 'I misteri della jungla nera' di Salgari uno dei suoi preferiti, e si lascia trasportare dalla fantasia, sorridendo fra se e se ripensando a Giorgio che ancora una volta l'ha difesa senza darlo a vedere. Lui era l'autorità e nessuno osava mai disobbedire. Lei era la sua protetta senza che l'avessero mai detto, e la sua qualifica di armaiolo era tenuta in gran conto. Lei e Giorgio non parlavano mai, solo un ciao se si incontravano a breve distanza ma da lontano nemmeno un saluto con la mano come facevano gli altri.
I tempi dei giochi e del bosco finirono con la fine della scuola, e il mistero della cascina alfine fu svelato. Ester la chiamò per farsi aiutare a sistemare degli attrezzi nella vecchia casa. Quando aprì la porta scoprì un mondo tutto nuovo, Daniela ispezionò ogni angolo da cima a fondo, e qualche anno dopo le sarebbe tornato utile quel nascondiglio.
Giorgio e gli altri si dispersero nel mondo del lavoro e non si incontrarono più. Ma nessuno dimenticò mai i Pirati della Malesia o Sandokan che ispiravano i loro giochi, nascondersi dietro gli alberi o intrecciare foglie di castagno, lunghe e lanceolate, per fare copricapi da re o da indiani. Le nuove generazioni con i loro giochini elettronici non hanno la possibilità di sbizzarrire la fantasia come facevamo noi che non avevamo nulla ed eravamo felici. Io ero felice.