Cominciò con leggero venticello del quale nessuno si accorse perché troppo occupati nei festeggiamenti. L’aria che circolava fra le vesti delle fanciulle, anzi allietava la stanchezza del ballo, ma quasi d’improvviso il vento si alzò ancora di più e le prime fiaccole cominciarono a spegnersi per l’impeto del vento. I fuochi che erano predisposti per arrostire le carni si ravvivarono e là dove c’erano braci ora erano fiamme alte che si espandevano in ogni direzione. I bambini furono i primi a reclamare e a piangere per la paura di quel vento impetuoso. Nel cielo anche se era notte, si videro nuvole nere arrivare con rumore di tuoni e saette. Il re tornò precipitosamente nella sua reggia, i sacerdoti si raggrupparono nei pressi dell’altare fatto erigere proprio per questa evenienza. La gente cominciò a scappare dalle zone aperte per rifugiarsi all’interno delle mura della città. Com’era prevedibile la pioggia non tardò a scendere violenta, in un attimo tutti i fuochi si spensero e l’intera zona fuori le mura dove si stava festeggiando rimase al buio, solo il chiarore dei fulmini illuminava a sprazzi il terreno rivelando uno squallido  stato di abbandono. In tutto lo spiazzo c’erano rifiuti di ogni genere, resti di cibo, ossa e carne ancora fumante strappata dalle braci, piatti di terracotta e boccali di legno, vesti femminili, veli e ghirlande di fiori che il vento aveva tolto dalle decorazioni e ammassato in alcuni punti. La violenta tempesta colse gli uomini impreparati e atterriti dai fulmini si misero a pregare la dea che li salvasse da una morte certa. I sacerdoti impauriti ma costretti dal ruolo che ricoprivano, dovettero escogitare qualcosa per placare le ansie della popolazione. Due di loro si recarono in missione dal re per esortarlo a prendere in considerazione il sacrificio estremo, occorreva una vergine da sacrificare e la prescelta per quell’anno era proprio la figlia del re.

Il sovrano all’inizio cercò di difendersi dalle pressioni dei sacerdoti, anche se in cuor suo sapeva bene che non poteva far niente per evitare la tragedia della figlia. Dopo un'accesa discussione, il sovrano dovette cedere e tramite dei servitori, mandò a chiamare la principessa. Mentre aspettavano l’arrivo della ragazza, i sacerdoti guardavano dalla finestra verso il buio della notte. Solo gli squarci di luce illuminavano la notte, anche a loro dispiaceva, dove uccidere una ragazza come la principessa.

Dopo pochi minuti apparve nella sua veste bianca di vergine, la principessa. Era giovane e la sua carnagione era delicata come l’avorio. Lo sguardo che lei posava sul padre e sui sacerdoti era dolce, umido, sembrava non rendersi conto di cosa stava par affrontare, il coltello sacrificale del gran sacerdote sull’altare di marmo posto al centro del prato fuori le mura. Camminava a testa china con i lunghi capelli che le coprivano in parte il candido viso. Ai lati della strada ali di folla ancora eccitata dalle lunghe libagioni, inneggiavano alla Dea affinché accettasse il sacrificio della vergine. C’erano nell’aria una tensione e un’eccitazione che rendevano il momento drammatico. La giovane era quasi arrivata ai piedi dell’altare di marmo e si fermò un momento per alzare la testa e dare un’occhiata in giro. Con lo sguardo cercava la figura del padre, prima di andare, voleva vederlo per un'ultima volta. I loro sguardi s’incrociarono e fu un attimo di silenzioso amore reciproco. La ragazza dopo aver guardato il padre, abbassò il capo e prese a salire gli scalini per arrivare al centro della piccola piramide, dove c’erano un enorme ceppo di legno e il sacerdote vestito con i paramenti delle grandi occasioni. Una tunica bianca e rossa finemente ricamata e adorna di ricchi disegni dorati. Era là in piedi che aspettava, a poca distanza su un tripode di bronzo c’era un piatto d’oro che conteneva il coltello di ossidiana che doveva servire per il sacrificio.

Il capo Akela stava narrando quel mo­mento molto drammatico, la sfortunata principessa si stava avvicinando al suo carne­fice, quando dal cerchio dei ragazzi si udirono dei mormorii, i commenti erano molti e rumorosi. Il capo si dovette fermare nella narrazione, i ragazzi, specialmente le ragazze, erano agitati, la tensione era salita parecchio e c’era un clima di eccitazione. Una ragazza, con una voce strozzata dall’emozione, si alzò per parlare con il capo:

   <  Scusa, perché ci stai raccontando questa storia, si può intuire come va a finire, la povera principessa deve morire per una stupida concezione delle divinità, di sicuro questa notte non dormirò, la storia è troppo coinvolgente per noi ragazzi, non potrebbe finire qua?>

Akela la guardò preoccupato, non pensava minimamente che quella storia potesse avere degli sviluppi così sentiti dai ragazzi. Pensava che i giovani dovessero essere, ormai abituati a questo genere di racconti, erano scout e nulla doveva impressionarli, potevano tranquillamente accettare una storia che aveva le radici nella leggenda. Aveva visto negli occhi di quella ragazzina uno sguardo che non gli era piaciuto. Ora si chiedeva come poteva chiudere una storia raccontata a metà. Ci pensò su poi con un sorriso riprese il suo narrare.

    <  Calma, ragazzi per favore state calmi, siete stati troppo precipitosi, non mi avete fatto finire il discorso. Lo so, sembra che le cose debbano andare come voi avete imma­ginato, la ragazza sarà uccisa in modo barbaro, davvero una brutta esperienza, ma se fosse stato questo, il finale di questa storia non l’avrei raccontata. Come spesso accade, il finale è diverso da quello che uno si aspetta. Ricordate che stiamo parlando di leggende cioè di cose non vere, che hanno fatto presa nell’animo della gente, i popoli si tramandano le leggende da migliaia di anni, servono per identificarsi e avere un ruolo bene definito nella storia, per avere dei punti di rife­rimento ai quali appoggiarsi e giustificare così il loro passato.>

       <   Allora, eravamo rimasti alla povera figlia del re che stava salendo i gradini che la conducevano al martirio, quando ecco che arriva improvviso un refolo di vento, nessuno ci fa caso, è il periodo autunnale e poi c’era una tempesta in atto. Il vento era normale che ci fosse, solo che questo venticello si presentò come una piccola nuvoletta bianca e opaca, un turbine che girava intorno alla figura della fanciulla, in un attimo l’avvolse interamente e, la ragazza subito scomparve alla vista dei presenti. La nuvola roteando su se stessa si allontanò dirigendosi verso lo spazio aperto poi piegò a sinistra per entrare nel palazzo reale. Il popolo rimasto attonito e sorpreso per quel fatto inspiegabile, si riprese e in preda a una strana euforia, si mise a urlare e a inveire contro gli Dei, convinti che solo loro potevano fare quel prodigio. Erano le stesse persone che poco prima volevano a tutti i costi, la morte della ragazza per salvare i loro raccolti.>

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