Tutti i giorni appena sveglio, andavo insieme con i nostri vicini, a lavorare nei campi. Un po’ per osservare e anche, quando c’era la possibilità, di aiutare in qualche modo facendo dei lavoretti adatti alle mie forze.
Capitò che si dovevano raccogliere i fagioli e pensarono che almeno questo tipo di lavoro ero capace di portarlo a termine. In pratica non era troppo difficile. Una volta posizionati in cima al filare delle piante, si procedeva in avanti e, man mano, si doveva prendere tutta la pianta con le mani e sradicarla completamente. erano piante basse a livello della terra.
Mettere la stessa in una cassetta e, quando era piena, si andava verso un punto di raccolta, dove in genere aspettavano le donne vicino al carro tirato da buoi o da cavalli. Scaricata la cassetta si ritornava al filare e si ricominciava. I primi viaggi di carico e scarico li feci in allegria quasi cantando, ma dopo, con il passar del tempo, sembrava che i filari invece di diminuire aumentassero. Le piante offrivano sempre più resistenza nel tirarle su e i reni iniziavano a bruciarmi.
Dovetti fermarmi per un po’, rallentare il ritmo e alla fine cedetti. Nell’ultimo viaggio al carro restai lì con le donne seduto a sudare come un maialino. Portate tutte le piante in corte, furono allestiti dei pali poggiati su altri messi a triangolo come base d'appoggio.
Sui pali orizzontali, posati sui supporti, si agganciavano le piante, a cavallo della sbarra. Dovevano essere sollevate da terra in modo da prendere aria da ogni lato. Dovevano seccare il più presto possibile per evitare probabili piogge che avrebbero compromesso tutto il raccolto.
Dopo qualche giorno, quando le piante furono ben seccate, e cominciarono e sentirsi gli scricchiolii delle foglie secche, fu spazzata con cura l’aia di mattoni per prepararla a ricevere le piante essiccate. Le distribuirono per terra e, subito dopo, chiesero a noi ragazzi, di camminarci sopra, a piedi nudi, come per fare una passeggiata. Faceva uno strano effetto sentire sotto i piedi quel fogliame scricchiolante. Dovemmo fare molti giri per ammassare discretamente il fogliame secco e rigido. Dopo la nostra passeggiata, intervennero le donne, aiutate anche dagli uomini che, con dei bastoni doppi legati ad un capo con delle strisce di cuoio, iniziarono a percuotere tutto ciò che era sull’aia con poderosi colpi ritmati, una sequenza ininterrotta, che riduceva le foglie e i baccelli in frantumi, facendo fuoriuscire tutti i fagioli.
Altre donne diedero il cambio alle prime ormai stanche e quello che a me sembrava un massacro, continuò. Uno degli uomini andò a verificare e decise che poteva bastare. Furono abbandonati i bastoni e comparvero degli enormi e larghissimi setacci attaccati con corde ad un trespolo di legno. Riempivano gli stacci col materiale che era a terra e iniziava la setacciatura. Altre donne, con setacci più piccoli, facevano lo stesso lavoro di cernita. Di tanto in tanto, c'erano alcuni minuti di riposo e tutti ne approfittavano per rifocillarsi. Acqua per le donne, vino per gli uomini.
Tutti gli abitanti della corte partecipavano a quel lavoro così come in tante altre occasioni. All’imbrunire parve che il lavoro fosse finito, i fagioli rimasti nei setacci, man mano, furono messi nei sacchi di iuta per la conservazione. La zia ebbe il suo piccolo sacchetto come ricompensa dell’aiuto che avevo fornito. Ai miei occhi di ragazzo di città, tutto questo, aveva il sapore della scoperta, della partecipazione. Imparai di più in quei tre mesi che rimasi lì che in tutti gli anni di scuola che avevo fatto fino a quel momento.
( brano tratto da " La buona vita" romanzo by Lo scrittore)