Quale sia la mia città è difficile a dirsi. Nasco in un piccolo centro contadino della provincia di Vicenza, dal nome pomposo di Castelgomberto. A otto anni mi trapiantano come un'azalea, del paesello ricordo solo i bachi da seta che una vicina allevava in casa, in camera da letto sulle lettiere di foglie di gelso. Puzzo vomitevole, li odiavo.
Il trapianto mi porta nella città più famosa d'Italia, quella con la D come Domodossola. E' un posto incantevole, in mezzo alle montagne in una piana alluvionale. Siamo circondati da boschi di castagni e le vette sembrano cadere sulle nostre teste. Amo la valle e non ho paura nemmeno delle alluvioni. Imparo a conoscere ogni angolo, ogni strada, i vigneti a terrazzamento e le cascine in pietra. Il sabato si va al mercato, famoso nelle valli circostanti, e la meravigliosa Piazza Mercato, medioevo puro, affollata di banchi e turisti svizzeri dei due cantoni Ticino e Vallese. E' quasi una giornata di festa, si va tutti a comprare scarpe, oggetti, vestiti e oggetti di artigianato che arrivano dalle valli circostanti, e si mangia il gelato al bar Cabalà, all'angolo in mezzo alle bancarelle. A diciotto anni incontro l'uomo che vivrà con me per il resto della vita. Una breve parentesi da emigranti nel Canton Ticino, ci sposiamo e arriviamo il giorno stesso a Torino. Mi innamoro subito di questa bella città anche se è sporca e grigia. La fabbrica costringeva a mantenere il profilo basso, l'operaio non era degno di godere dei piaceri destinati ai ricchi. La città doveva servire solo come dormitorio, sottovalutata, ed erano consentite solo le attività promosse dai padroni della fabbrica. Nascevano i miei figli e i tempi cambiavano, le lotte operaie
e il femminismo stravolsero le cose e negli anni settanta avvenne una piccola rivoluzione, anche per me. Stiamo costruendo una casa in quel di Bosconero, paesino di tremila abitanti con ancora le stalle e le mucche al centro del paese. I miei crescono allo stato brado, come cavalli, allegri e felici in mezzo ai campi, tra cani e gatti e non so quale altro animale perché ogni tanto ne arrivava uno nuovo ed eravamo felici così.
Tra Bosconero e Torino fu un'eterna transumanza durata ben trentotto anni. Al mattino si partiva per la città dove c'erano le nostre attività e la sera si tornava a casa.
Quando i figli, una volta cresciuti, si sposano, la casa diventa troppo grande e scomoda per due persone e torniamo a Torino in un alloggio più piccolo, e siamo qui da quindici anni.
Non so qual è la mia città, le amo tutte anche se nel mio cuore ha un posto speciale quella D come Domodossola, dove le montagne sembrano caderti sulla testa e ogni albero (specie di castagno) e ogni sasso del fiume, Bogna o Toce che sia, mi ricorda gli anni dell'adolescenza, gli amici, i primi amori.