Un sabato pomeriggio di novembre, finita la scuola, non sapevamo che fare, quindi la vecchia scala di pietra raccolse il gruppo di ragazzini sfaccendati.
La signora Emma passando ci rivolse la parola col solito malanimo <<Ma che siete, lucertole?>>. Non eravamo molto ben visti. Annoiati e senza nulla da fare, troppo presto per andare a casa e troppo tardi per organizzare uno dei nostri interminabili giochi.
La nostra fortuna era di possedere il più bel campo giochi che si potesse immaginare: un intero bosco di castagni, ragion per cui giocavamo sempre all'aperto. Per i nostri giochi prendevamo spunto dai personaggi dei racconti a fumetti di un noto giornalino ad uscita settimanale.
Aspettavamo l'uscita ogni mercoledì con la stessa ansia con cui da grandi avremmo aspettato l'innamorato. Volevamo sapere prima di tutti come finiva l'ultima storia del nostro eroe preferito, che di volta in volta poteva essere un principe indiano, una principessa prigioniera di un cattivone, un indiano d'America con tanto di casco di penne, o Sandokan, il mitico Sandokan amato da tutti.
Quel sabato, in particolare, stavamo discutendo sull'utilità di mettere le piume alle frecce per un bilanciamento ottimale, come armaiolo del gruppo insistevo sulle piume. Si formarono due scuole di pensiero e alla fine decidemmo di fare una gara il giorno dopo, per vedere chi aveva ragione. Stabilimmo di trovarci nella radura l'indomani mattina dopo la messa alla quale non era possibile sfuggire, un vero castigo immeritato. La radura fra gli alberi era il nostro rifugio, dove ritrovarci liberi di giocare e al riparo delle varie signore Agnese, vicina alla piazzetta del lavatoio. Nel cortile di Wilma, dove venivamo presi a ciabattate dalla mamma. Troppo rumorosi e scapestrati perfino per giocare alla fine della contrada, dicevano che la mucche si spaventavano.Non rimaneva che il bosco. La radura era perfetta. Da segnalare l'assenza di vipere, povere piccole, più spaventate loro di noi che noi di loro (a novembre le vipere sono in letargo. Andate a spiegarlo alla mia mamma)
Lì vicino stavano miracolosamente in piedi i resti di tre cascine bruciate. Si notavano chiaramente il perimetro e i resti del camino. Vicino due casette ancora usate dai boscaioli come deposito degli attrezzi. Chiuse quindi proibite per noi.
Tutto intorno alberi di castagno e qualche noce, un vero paradiso! Tante volte penso alla fortuna che ho avuto a vivere in un posto così.
Torniamo al nostro sabato di noia. Ad Anna, venne improvvisamente una bella idea <<La gara con le frecce è per domani, perché non andiamo a raccogliere castagne?>>
<<Perfetto, stasera dopo la raccolta, chiediamo al papà di Wilma di accendere il fuoco e le mangiamo arrostite per cena>> La risposta di Giorgio viene accolta con un applauso. Prendemmo i sacchi di iuta e via in fila indiana verso gli alberi.
Il sentiero sassoso e disseminato di ricci caduti e foglie più o meno secche, scricchiola sotto ai nostri piedi. Mi resi conto di un problema che si stava verificando nelle suole delle mie scarpe. Sopra non si notava ma sotto la suola era completamente andata, un grosso buco mi stava spellando i piedi. Non volevo far sapere agli altri i miei guai, mi nascosi dietro ad un albero, cercai delle foglie ancora verdi e fresche e con quelli tamponai il buco. Non sarebbe durato a lungo quel rimedio, ma era meglio di niente. Non volevo che si ridesse di me e della mia povertà. Per un paio di scarpe nuove avrei dovuto aspettare almeno un paio di settimane, ammesso che mio padre portasse qualche soldo a casa e senza l'imprevisto di altre spese urgenti per cui se mi fosse andata bene avrei avuto il mio paio di scarpe nuove che dovevano durare fino a primavera.