Per tutto il mese di luglio, ogni venerdi sera partivamo per l montagna e tornavamo il lunedi mattina con gran divertimento dei bambini e del cane.
Ormai eravamo diventati zingari di professione e la gente ci guardava male per via di quella strana macchina, non c'erano altri camper in giro solo la nostra "Piccola Svizzera"dal nome che un gangster aveva dato al suo lussuoso furgone nel film"Angeli con la pistola".
La fantasia dei bambini è sempre infinita e i miei ne avevano da vendere.
I primi giorni di agosto tutte le aziende chiudevano e gli operai andavano nei pesi d'origine per godersi la meritata vacanza.
La grande fabbrica di automobili dava il via alle partenze chiudendo i battenti un giorno prima di tutti, quindi per almeno due giorni l'autostrada del sole sarebbe stata un delirio di macchine cariche all'inverosimile dirette a sud. Ragionando sul traffico, Rocco stabilì di partire due giorni dopo in modo da non venire travolti dal caos e viaggiare tranquilli.
Partimmo in direzione Policoro (Matera), dove c'è un mare da fare invidia ai Caraibi con la spiaggia di sabbia dorata fine come farina e un mare blu meraviglioso.
Viaggio perfetto senza traffico e il casellante dell'autostrada imbarazzato perchè non sapeva come classificare il nostro furgone, in mancanza di direttive superiori decise per una tariffa minima come auto da trasporto merci.
Ancora ridiamo pensando a quel viaggio.
Arrivammo al campeggio indicato dai parenti, dove eravamo attesi dai campeggiatori già attendati da una settimana che ci guardavano con una certa diffidenzaa.
Non c'era alcuna attrezzatura per posteggiare un camper, ci venne in aiuto il proprietario della pizzeria permettendoci di sostare nel suo cortile recintato e fornendoci acqua a volontà dalla fontanella e attacco alla corrente elettrica. in meno di un'ora eravamo comodamente sistemati.
Rocco e i bambini corsero a buttarsi in acqua mentre io e il cane pensammo a fare la spesa nelle bancarelle che tutte le mattine si schieravano nei pressi del campeggio per consentire ai turisti di godere di prodotti freschi e buoni. Il pesce fresco lo portavano tutte le mattine i ragazzi della pizzeria che di notte uscivano in barca a pescare. Proprio quella notte avevano preso un tonno e lo avevano diviso con i campeggiatori e con noi.
il secondo giorno di permanenza stava diventando noioso, una volta sbrigate le faccende sul camper non sapevo come passare il tempo visto che non vado in spiaggia per una mia fobia della sabbia. Tirai fuori dal bauletto le mie macchine fotografiche, montai i rullini e sulla piu grande, la mia preferita, il teleobiettivo 2/1000 che i ragazzi chiamavano scherzosamente 2x1 proprio per la sua peculiarità di avvicinare oggetti lontanissimi come se fossero a pochi centimetri.
Primo pomeriggio, un caldo da cuocere le uova al sole, macchina a tracolla, borsa di paglia e cappellino bianco di cotone da perfetta turista che non vuole l'abbronzatura e via verso l'uliveto dove incontrai uno dei ragazzi della pizzeria.
<<Buongiorno signora, dove va con questo caldo?>>
<<Vorrei fare delle foto agli alberi d'ulivo e magari arrivare fin lassù dove vedo una piccola chiesetta>>
<<Bella scelta, di là vedrà un panorama magnifico, basta seguire questo sentiero, ma stia attenta ai serpenti qui ce ne sono di velenosi>>
<<Tranquillo non sarà una biscetta a farmi paura, ha più paura lei di me che io di lei>>, si mise a ridacchiare.
<<Buona fortuna allora>>
Cominciai la salita fra ulivi e carrubi stordita dal frinire delle cicale.
Mi guardavo intorno con la curiosità tipica della turista del nord per quel paese sconosciuto, in cerca di un soggetto da fotografare.
Tutto deserto, a quell'ora dormivano tutti, avevo lasciato marito, figli e cane che ronfavano come se stessero segando l'intero uliveto. Faceva un caldo infernale e le cicale strepitavano senza sosta, il sentiero era abbastanza ripido e sassoso, a destra di chi saliva c'era un muretto a secco ben tenuto e a sinistra una siepe di fichi d'india maturi e succosi, uno spettacolo. Stavo valutando se raccoglierne uno ma temevo le spine, in borsa avevo il mio fidato coltellino svizzero compagno di ogni giorno, lo cercai nella profondità della borsa di paglia, Mary Poppins a noi mamme ci fa un baffo. Stavo dunque ravanando tra fazzolettini di carta e chissa che altro quando, sollevando lo sguardo, vidi davanti a me un casolare.
Era distante forse un chilometro, una tipica casa di campagna tinteggiata con cura di bianco con le finestre verdi chiuse e il tetto a coppi di terracotta locale, molto più chiara della nostra, quindi non rossa.
Una casa normale in una campagna normale come ce ne sono acentinaia in tutto il sud.
Vedevo chiaramente ogni cosa e c'era la luce giusta per fare una bella foto, d'un tratto si aprì una porta ed un uomo mascherato uscì nel cortile trascinandosi dietro un altro uomo legato mi parve con una catena. Volli vedere bene e 2x1 doveva pur servire a qualcosa.
Controllai di avere il sole alle spalle onde evitare riflessi che avrebbero insospettito e misi a fuoco l'immagine. Per poco non mi cadde la fotocamera per terra.
Vedevo bene l'uomo chiaramente prigioniero, con la catena che gli impediva di fare lunghi passi ed era collegata con le manette che gli stringevano i polsi.