Elvira e Giacomo, due anziano coniugi, sessantaquattro anni lui, sessanta lei, percorrevano i loro quarant'anni di matrimonio con la rilassatezza tipica della noia dovuta all'abitudine e dall'usura del troppo tempo passato insieme.
Non avevano avuto figli.
L'unica sorella di Elvira, Emma, molto più giovane di lei era morta anni addietro per una brutta polmonite e il marito, come un cigno che non può vivere senza la sua compagna, si era lasciato andare ed era morto pochi mesi dopo.
Emma aveva avuto una figlia, Laura, bella e brava e intelligente laureata in medicina a pieni voti aveva sposato Remo, medico anch'esso, entrambi lavoravano nell'ospedale cittadino e a tempo perso prestavano opera di volontariato nel centro di raccolta profughi.
Dalla loro unione era nata Sara una deliziosa bambina con i capelli neri e ricciuti e gli occhi verdi.
Quando la bimba compì un anno, un idiota integralista pensò bene di farsi saltare in aria proprio nel campo profughi e tra le vittime anche Emma e Remo morirono.
Elvira, che amava moltissimo quella nipotina, si fece in quattro per ottenere l'affidamento ed essendo l'unica parente non le fu troppo difficile ottenere che la bimba le fosse data in adozione, anche Giacomo fu felice di quella soluzione, per lui la presenza della bimba era come ritornare giovane.
Sara crebbe allegra e felice fino al quarto anno di età.
Improvvisamente il carattere della piccola cambiò, diventò musona, non rideva più e aveva frequenti crisi di pianto.
Non voleva più stare in casa sola col nonno e se Elvira doveva uscire era costretta a portarla con se, per evitare capricci. Rifiutava persino di andare a scuola e vedeva l'asilo come un incubo.
Elvira, indagò fra le maestre, ma nessuna di loro seppe dare una risposta perché la bimba, una volta in classe con i compagni e lontana da casa, si comportava normalmente.
Ad Elvira venne un atroce sospetto che ricacciò con disgusto, anche se nel profondo sapeva che c'erano brutti motivi per il cambiamento di Sara.
La bimba peggiorava sempre più e si capiva che non erano solo capricci, tuttavia Elvira voleva aspettare per vedere gli sviluppi della situazione.
Una mattina, la piccola era a casa per una vacanza da scuola ed Elvira doveva assolutamente ecarsi in due o tre posti per delle commissioni, la lasciò con Giacomo.
<<Devo proprio andare in banca e alla posta, se si sveglia preparale tu il latte e biscotti>>
<<Vai tranquilla ci penserò io. Verso che ora prevedi di tornare?>>
<<Spero di concludere per le undici se non trovo gente alla posta>>
La donna uscì ma non si sentiva tranquilla, aveva come un presentimento che non sapeva esprimere o non voleva accettare.
Appena uscita la moglie, Giacomo si era recato nella stanza della bambina e si era avvicinato al lettino.
Sara si stava svegliando e agitava le gambine nel gesto tipico dei bambini.
Lui si chinò sul lettino e prese ad accarezzarle le gambe <<Svegliati, piccola, svegliati e facciamo un bel gioco>>
Sara aprì di colpo gli occhi e scattò a sedere sul letto.
<<No, no, vai via, non voglio giocare con te!>>
<<Perché non vuoi mai giocare? Vedrai che sarà bellissimo, ti piacerà e poi ti farò un bellissimo regalo>>
<<No, non voglio il gioco e non voglio il regalo. Non mi piace il tuo gioco>>
<<Ma io ho una cosa bella per giocare, guarda cosa ti dà il nonno>>, si era tolto i pantaloni del pigiama ed esibiva una erezione mostruosa per la piccola.
<<Dammi le tue manine, mettile qua e poi fai come ti insegno io, vedrai che bello, non ti farò alcun male e ci divertiremo>>
La bambina cominciò a divincolarsi nervosamente e ritrasse le mani nascondendole dietro alla schiena piangendo a singhiozzi. <<No, lasciami nonno, non voglio fare questi giochi>>
Nei vederla così sconvoltasi eccitava sempre più e tentava di prenderle le mani che lei, con la forza disperata dei bambini, ritraeva.
<<Dai Saretta, non fare così, in fondo è solo un giochino tra noi due>>
Intanto Elvira, trovò l'ufficio postale chiuso pe r uno sciopero improvviso e si sentì sollevata perché sarebbe tornata a casaun'ora prima del previsto, sperava che la nipotina dormisse ancora.