Natale 1970.
Un inverno come tanti altri.
Un Natale come tanti altri.
Solita atmosfera un po’ falsa. Luminarie, festoni e facce sorridenti figlie di una tradizione catto-commerciale di antica data.
Siamo in pieno boom anni '60, anche se gli strascichi del '68 si continuano a sentire e stiamo entrando, a grandi passi, nei favolosi anni '70, che ci sorprenderanno e ci stimoleranno culturalmente (quanto cinema musica letteratura si assorbirà in quegli anni!), politicamente (le battaglie per i diritti civili, le stragi mai totalmente chiarite e solute, i Referendum sul Divorzio e sull'Aborto, l'Obiezione di Coscienza al Servizio militare, BR e dintorni), personalmente e collettivamente.
A ottobre avevo cambiato scuola, reduce da un’ennesima bocciatura, causata in parte da quaranta giorni a casa, in inverno, per curare un’epatite virale di tipo alimentare che mi era arrivata.
Ero dimagrito quindici chili! Un figurino, che già alla fine dell’anno aveva ripreso diversi chili.
Il precedente istituto era a indirizzo mercantile e comportava l'obbligatorietà dello studio della Chimica fino alla quinta classe.
Anatema! Non ho mai amato né capito la Chimica e molte materie scientifiche ed ero in continuo conflitto con insegnanti e libri. Non mi entravano in testa formule chimiche, scale di elementi, H2O e affini e proprio mi annoiava studiarli.
Perciò ero sempre stato rimandato in Chimica in quell'Istituto Tecnico Commerciale del Centro Storico. Pare fosse il primo istituito in Italia, inaugurato nel 1905, dall'aspetto imponente e squadrato, all'inizio del Decumano Maggiore. E avevo l'impressione che anche gli insegnanti avessero la stessa età dell'Istituto.
In verità, non ero solamente stato rimandato in Chimica in quella scuola.
Sarei stato bocciato a giugno in prima e in terza e rimandato in prima (la seconda volta) in quattro materie e in seconda in due.
Non ero proprio un fior di studente!
Abitavo non distante dalla scuola, potevo arrivare a piedi, ma spesso, molto spesso, arrivavo in ritardo (l'obbligo delle regole non era mai stata una mia caratteristica, in compenso avevo un forte senso del dialogo e della condivisione interpersonale).
Alla prima ora c'era spesso lezione di Inglese e l'insegnante, un’anziana signora dall'aria truce, ma intelligente e sensibile, mi costringeva a restare fuori dell'aula a causa del ritardo o mi spediva dal Preside per la giustifica.
Non poteva colpirmi nello studio, giacché ero il migliore nella sua materia.
Lo avevo iniziato a conoscere per passione, per conto mio alle Scuole Medie, dove si studiava Francese, iniziando a tradurre i testi dei Beatles con l'aiuto di un minuscolo dizionario Inglese/Italiano.
E questo era servito anche per comporre un piccolo giornale di classe da me organizzato, in cui inserivo anche le mie traduzioni.
Così l'insegnante di Inglese mi rimandava a settembre ogni anno, non per impreparazione, diceva, ma per "aiutarmi a maturare".
In questo modo a ottobre, ripetente di Terza, arrivai in questo nuovo Istituto distante quattro chilometri da casa, per cui mi servivo dei servizi pubblici, non sempre puntuali. Nemmeno io, d'altra parte!
Ricordo che il biglietto del mitico bus numero 118, con tanto di bigliettaio a bordo (sembra un altro mondo e un'altra vita!), costava 20 lire se preso prima delle otto, altrimenti 50. Chiaramente, non sempre riuscivo a risparmiare.
La nuova scuola era più giovane, fuori e dentro. Si trovava al confine della zona "elegante" della città, costruita forse una decina d'anni prima in un blocco unico costituito da due Istituti: un Istituto Tecnico Commerciale e un Liceo Scientifico.
Anche il flusso umano sembrava totalmente diverso dagli anni precedenti.
Insegnanti più giovani, studenti e studentesse (tante, tantissime!), che sembravano già più navigate.
Come nell'altro Istituto, il rapporto numerico fra maschietti e femminucce era, a loro favore, in media di sei a venti!
Che goduria (in parte!).
Con tre bocciature sulle spalle ero arrivato nella nuova classe già maggiorenne, a diciotto anni abbondanti. Ero il più vecchio!
In compenso loro, specialmente le ragazze, avevano già più apparente spregiudicatezza.
A differenza dell'altro, in questo Istituto era attivo il Movimento degli studenti e in quegli anni si era fatto sentire con occupazioni e cortei.
Inoltre, questo era a indirizzo Commerciale, per cui lo studio della Chimica sarebbe terminato in Terza. Evviva! Anche se solo per un anno, la materia era comunque durissima.
Da affermato ripetente mi sentivo più preparato dei compagni di classe e, devo ammetterlo, non è che studiassi tantissimo. Ricordavo bene le cose imparate in precedenza e cercavo di mettere a frutto le mie conoscenze e quello che letteralmente "rubavo" in classe, ascoltando spiegazioni e interrogazioni.
E i libri? Non un ottimo rapporto, era più forte di me, non riuscivo a concentrarmi a lungo sulle pagine, preferivo ascoltare e discutere dubbi e certezze con gli altri.
In classe si sapeva di queste mie attitudini e nessuno pensava che fossi uno studente modello, ma avevo le mie fans.
In Inglese ero preparato, visto che lo amavo e continuavo a studiarlo anche e soprattutto extra scolasticamente.
Ero attratto da numeri e calcoli e, soprattutto, ero interessato alla Ragioneria (visti i risultati, infatti!).
Adoravo l'Italiano, soprattutto se si trattava di scrittura.
L'atmosfera scolastica era pregna di sviluppi positivi. Era nell'aria.
Il gruppo era abbastanza compatto, con delle "crepe" profonde fra alcuni e alcune di loro. Ma non si poteva avere tutto!
Loro avevano già fatto due classi insieme e si conoscevano meglio.
Qualche "storia" già covava nell'aria e si sarebbe sviluppata di lì a poco. Una è durata per un certo periodo, un'altra è finita con matrimonio figli e separazione.
Dopo un po’ notai due "volti", così diversi fra loro che m’incuriosivano e mi suscitavano interesse.
Marida era la dolcezza in persona, due stupendi occhi azzurri. Era timida e riservata. Conoscendomi, mi diede la sua fiducia e veniva a confidarsi con me, piangendo dei suoi amori sulla mia spalla. Ah, se avessi avuto almeno il coraggio di parlarle.
Giulia era l'opposto. Corvina di capelli e di atmosfere. Dall'occhio sempre malandrino.
”Strega” per eccellenza del tipo "Vi fulmino tutti, poveri maschietti!". Sicuramente m’incuriosiva e mi eccitava. Lei, però, aveva altri sguardi cui rivolgersi e altri interessi, sempre fuori scuola.
(Come poi è stato. Ma di lei parleremo in altra sede…)
(continua)