Dopo Rio, Miami e Barcellona, Alcaraz aveva vinto anche il torneo di Madrid.

Aveva battuto in sequenza Rafa Nadal, suo maestro, poi Djokovic, il numero uno del ranking, quindi in finale anche Zverev, che prima di lui era stato un giovane prodigio. Anzi lo aveva proprio stracciato.

Dopo anni di dominio di tre tra i giocatori più forti della storia, ci si chiedeva da tempo chi sarebbe potuto esserne il successore. E adesso era spuntato questo ragazzino. A 19 anni era già numero 6 del mondo e si stava avvicinando a passi da gigante alla prima posizione. Tra le sue caratteristiche, la potenza, con un servizio che arriva a 220 km/h.

Il tennis era da tempo discusso. L’evoluzione tecnica aveva offuscato la spettacolarità e si era tentato qualche timido intervento sulle regole per correre ai ripari.

Nei tornei minori si era sperimentata qualche nuova formula di punteggio ed era stato abolito l’utilizzo intensivo dell’asciugamano tra un punto e l’altro, dato che mancava solo che i giocatori chiedessero al raccattapalle di farsi incipriare il naso invece che godersi il punto che avevano appena fatto.

Qualcuno aveva ipotizzato di rimpicciolire il campo, o alzare la rete, per tentare di neutralizzare in parte questi noiosi cannonieri moderni. Qualcuno aveva addirittura osato proporre di eliminare la possibilità di avere due tentativi al servizio, sarebbe stata una rivoluzione.

Dopo Madrid si entrava nel vivo della stagione sulla terra rossa, con i tornei di Roma e poi il Roland Garros. Ma soprattutto mancavano poche settimane al torneo di Wimbledon, che anche se ormai non era più spettacolare come un tempo restava in assoluto la vetta dell’anno, con la sua storia e le sue tradizioni.

L’unico torneo in cui i giocatori continuavano ad indossare la divisa bianca, anche se Nadal già da ragazzino aveva eliminato le maniche e ognuno aveva il suo vezzo.

Bene, quell’anno successe l’incredibile. Alla vigilia di Wimbledon, senza nessun preavviso, venne comunicato che ci sarebbe stata una variazione delle regole.

I sensori di velocità che normalmente servivano a incuriosire il pubblico con i record di potenza dei colpi, avrebbero rilevato un limite stabilito e il segnale acustico conseguente avrebbe autorizzato il giocatore avversario ed utilizzare anche i corridoi laterali del campo, quelli che i profani di questo sport si chiedono a cosa servano.

In pratica, chi avesse tirato troppo forte ne avrebbe pagato le conseguenze, perché l'avversario per il tiro seguente avrebbe avuto a disposizione un campo più ampio dove rispondere.

Beh, ci fu spettacolo. Spettacolo, insieme a dibattiti e polemiche ovviamente. Non era stato dato alcun preavviso appositamente. Quell’anno, il torneo delle tradizioni aveva voluto sbalordire.

Era troppo tempo che non si vedevano più le discese a rete e gli scambi spettacolari che avevano dato un nome a quel campo centrale, così si era voluto osare. Nessun compromesso, o la tradizione o lo spettacolo, lo spettacolo che aveva creato e reso possibile la tradizione.

Non si giocò più così in seguito. Seguirono proteste e dibattiti infiniti per settimane, mesi. Ci furono minacce e interventi degli sponsor.

Però il punto decisivo di quella finale è rimasto nella storia. Un francese di colore, già noto per i suoi numeri in numerose occasioni, si era tenuto la carta migliore per l’ultimo punto. Lo aveva fatto intenzionalmente, perché lui prima ancora che uno sportivo era uno showman.

Aveva risposto al servizio dell’avversario con una palla smorzata, a cui erano seguiti una serie di scambi con colpi lenti e mirati vicini alle righe sui due lati del campo.

Poi all’improvviso si è giocato la sua carta. Ha tirato un dritto supersonico in fondo al campo e si è precipitato a rete dove l’avversario lo avrebbe passato col solito missile nel corridoio laterale. Ma lui se l’era già preparato nella testa quel finale e come un portiere si butta nel rigore decisivo di una finale dei mondiali, così lui si è tuffato a colpo sicuro sulla sinistra e con la punta del telaio della racchetta è incredibilmente riuscito ad agguantare quella pallina giusto perché superasse di poco la rete.

Non si è più giocato in quel modo, si è continuato a seguire la tradizione, ma nella sala dei trofei di Wimbledon, a sovrastare le riproduzioni delle coppe, c’è ora una gigantografia orizzontale di quell’incredibile tuffo fuori dalle regole.

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