Il mare di fine febbraio é freddo, e Max lo sapeva benissimo.
Quando diede la prima pagaiata verso il largo la prua del suo kayak sprofondò per intero nella prima onda, l’acqua corse rapida verso di lui e s’insinuò nel pozzetto nel quale sedeva, appositamente privo del para spruzzi abbandonato sulla spiaggia. Brividi di freddo percorsero il suo corpo sotto i jeans e la felpa già fradici.
All’orizzonte, così lontano, gli ultimi bagliori del giorno lasciavano il posto a un plumbeo cielo ingombro di dense nubi minacciose.
Pagaiò rapido verso il largo, incurante di quanto lasciato alle sue spalle, senza meta difronte a se, e con il mare che montava, sempre più grigio e gelido.
Onde frastagliate e impegnative lo affrontavano una dopo l’altra, instancabili e prepotenti, quasi volessero farlo desistere da quella lotta impari. Ma l’adrenalina scorreva densa nelle sue vene e lo spronava a proseguire, incapace di distogliere lo sguardo dal nulla.
La spuma delle onde iniziò a saturare l’aria, sollevata dalla forza del vento e infranta sul volto dell’uomo, irrigidito più dalla rabbia che dallo sforzo. L’odore della salsedine era così penetrante che riuscì a ridestare ricordi sepolti nel suo animo, e a far perdere vigore alla pagaiata. Rivide Eleonora, ancora ragazza, sul bagno asciuga corrergli incontro per salutarlo. Un leggero bacio sulla guancia, il suo sorriso accecante, i suoi occhi stracolmi di gioia, e l’odore del mare emanato dalla pelle abbronzata e levigata in un estate oramai lontana. Per lui fu sufficiente per comprendere, quel giorno, il vero significato del verbo innamorarsi.
Ancora qualche pagaiata, indecise e quasi involontarie, guidate più dall’istinto e destinate a impedire di farsi capovolgere dalle onde. La mente ancora rapita altrove, al giorno del loro matrimonio, una serata primaverile rischiarata dei falò e dalla Luna piena, ornata a festa tra soffici veli di nubi, accorsa a benedirli.
Il passaggio di un’onda più alta delle altre lo destò. La consapevolezza di essere alla deriva segnò la fine del combattimento. Abbandonò la pagaia e la guardò svanire tra i flutti insieme ai suoi ultimi ricordi felici di una vita condivisa. Era alla mercé degli elementi, impossibilitato a orientarsi, intorpidito dal freddo e dalla fatica, impotente a governare l’imbarcazione oramai appesantita dall’acqua imbarcata.
Incapace di organizzare anche il più semplice pensiero puntò lo sguardo verso l’alto. Tra le pesanti nubi intravide un raggio lunare, consumò allora gli ultimi residui di speranza al fine di scorgere ancora una volta la pallida guardiana della notte, per la quale Eleonora spendeva tanto del suo tempo a osservarla per i suoi studi cosmologici. Ma il suo interesse andava al di là del puro interesse professionale, ne era letteralmente affascinata.
“È la mia guida spirituale.” Gli ripeteva spesso divertita, e lui puntualmente, si sorprendeva a chiedersi come avesse fatto a sopravvivere negli anni precedenti al loro primo incontro.
Quell’ultimo barlume di luce invece svanì dalla sua vista, soffocato dalle nubi. La sua apparizione fu rapida quanto la sua scomparsa, e inaspettata, quanto la malattia che divorò la sua dolce Eleonora, e breve, quanto il tempo concessogli per dirle addio. La luce si era spenta per sempre.
Stava affondando. Le lacrime si miscelarono con l’acqua salmastra arricchendone il peso.
All’ultima cresta la prua del kayak accennò appena a issarsi, l’onda l‘oltrepassò andando a impattare direttamente sul torace di Max. L’imbarcazione s’inabissò sotto il peso dell’uomo trascinandolo con se, d'altra parte lui evitò di divincolarsi dallo scafo, come nella migliore tradizione marinaresca.
Fu in quel momento, mentre sprofondava nel nero abisso, che ritrovò un’inaspettata serenità. Ai primi sintomi dell’ asfissia i polmoni sembrarono prendergli fuoco nel petto, allargò involontariamente le braccia quasi a voler accogliere la morte in un eterno abbraccio e quando ogni pena sembrò essersi dissolta, venne attratto da qualcosa dalla superficie. Lei era riapparsa, ancora una volta, a illuminare la notte.