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Mancano solo pochi minuti e potrò timbrare il cartellino e sarò libero di godermi alcuni giorni di ferie. Il telefono squilla. Durante la notte una macchina è andata fuori strada. La giovane conducente è stata sbalzata fuori dal mezzo ed è deceduta. Mi devo recare in uno sperduto obitorio della costa marchigiana, ricomporre la salma e aspettare l’arrivo della famiglia. Carico il furgone con tutto il necessario e parto. Mano a mano che la meta si avvicina sono molto nervoso, questa è la prima vittima da incidente stradale che devo vestire. Quando giungo sul posto è ormai tardo pomeriggio, l’obitorio si trova all’interno del cimitero. Fuori dal cancello mi aspetta un gigante dalla testa rasata, e da una fluente barba rossiccia. In modo molto sbrigativo mi fa entrare. - Queste, sono le chiavi dell’obitorio. Quando hai finito chiudi e metti le chiavi nella cassetta della posta. Il cancello del cimitero è automatico, per uscire spingi il pulsante rosso. - Paolo il gigante mi saluta, in spiaggia lo attendono gli amici.
L’obitorio è vecchio, strati di ragnatele incorniciano gli angoli del soffitto e macchie di umidità decorano le pareti. L’aria è carica dell’inconfondibile odore della morte. Apro la finestra. Un’ondata di calore mi abbraccia tutto il corpo . Sono fortunato, l’obitorio è provvisto di un lavandino con un rubinetto, lo apro, l’acqua si fa precedere da una serie di gorgoglii e sputacchi. Il corpo, chiuso dentro un sacco verde è disteso su un tavolone di marmo. La giovane aveva ventidue anni. Il volto è un grumo di sangue, vetro e capelli. Tutto il resto del corpo è pieno di tagli e abrasioni che rivelano la violenza del trauma a cui è stato sottoposto.
Si comincia. Ogni mio gesto è guidato dalla voce del mio maestro, che qualche mese fa in una nebbiosa Ferrara di fine febbraio mi ha insegnato le procedure della tanatoestetica. Si pulisce, si lava, si cuce. Non c’è tempo, non c’è commozione, non c’è pietà. Ogni mia azione ha come compito l’obiettivo di cancellare per un breve periodo di tempo le tracce lasciate dalla morte. Quando ho finito esco dall’ obitorio. E’ notte, il buio è rischiarato dai lumini del cimitero. L’afa si è attenuata. L’aria è carica dell’odore dei cipressi. Mi siedo su una panchina e aspetto l’arrivo della famiglia della defunta. Il vento mi porta la melodia di una fisarmonica che sta allietando una festa lontana. La vita continua.
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