Tutto è cambiato quando percorrendo la strada fuori dal locale per raggiungere l'auto, incontrai un sorriso familiare di donna. Lei non guardava e continuava a fumare. Io sbandavo e la notte non voleva farmi compagnia. Ero un amico scomodo. Un amico confuso. Uno di quelli che parla molto e resta vago, in attesa dello sguardo da rubare o del bicchiere da bere. Chi evitava la notte per fuggire al sonno e alle domande che porta in seno, come me si rifuggiava spesso in quel posto. Un posto pieno e basso. Legno a destra e sopra i tetti. Legno in basso. Altro legno. Tre finestre alla olandese sopra il fiume, davano sulla strada. Io mi avvicinavo spesso alle finestre. Guardavo fuori sperando. Guardavo fuori. L'ultima volta che mi guardai dentro non ci trovai nulla. Il mio passo non faceva mai una piega quando la sera barcollava. Breve e disinvolta mi venne incontro. Non mi riconobbe subito. Nemmeno io. E la birra non era male. Ci pensai il tempo del non pensiero e mi eressi davanti a lei con un sorriso larghissimo, poi, la fissai. Sembravo un lampione appena acceso al tramonto. Continuavo a fissarla senza tregua. L'espressione del suo viso divenne nuda e potei quasi entrarle dentro. Nel frattempo un amico, vigliaccamente mi tirava e trascinava via. Non mi importava stesse bevendo e male. Non mi fregava di quel cazzone che stava interrompendo le dinamiche d'una sera scorrevole e di legno. Scrollai la sua mano dalla mia con un gesto brusco e lo strattonai sulla panca che fuori si era palesata come un miraggio. -Vaffanculo!. E la presi per un braccio allontanandomi dal piccolo caos. Pronunciò il mio nome e ci mise un punto esclamativo. Io non parlavo. Piuttosto ridevo. Forse. Era un sorriso da buco nero, molle e vero. - Quanti anni saranno passati dalla prima volta?. Probabilmente mi chiese o lo feci io. Non ha importanza, come allora. Era appena arrivata fra le mie cosce in silenzio,la donna più ricca di sesso che avevo immaginato fino ad allora. Immaginato quanto sperato. Mi diede solo un carico ormonale, flebile come le paure di esser titubante. Lei era carina, di quelle donne che poche ne vedevo e molto più ne cercavo. Da sconquassato e malconcio passai al romantico arrogante. Biascicavo di piacere. Se ne andò con la promessa di richiamarmi: il solito. Richiamò! Compivo gli anni mentre fumavo piegato dal calore di quel giorno. Era luglio. Un luglio nuovo. Stavo sperando quel che chiese e mi lanciai in una risposta al gusto di paraffina:"si!". Quando arrivai sotto casa sua trovai il tempo di scrivere qualcosa su un foglio e lanciai la penna in fretta non appena sentì aprire lo sportello. Non sembrava strano come fuori dal locale e l'abbracciai. Seduto su una sedia comoda come un water dopo pranzo, aspettavo le sue parole e ordinavo da bere. Non mi spiegavo i perché fossi li, con lei che non vedevo da dieci anni, con me che mi cercavo da una vita. Chi se ne frega, mi rispondevo in silenzio anche se non ascoltavo le domande. D'un tratto mi ritrovai fuori e con un erezione imbevuta di Martini. Pensai d'essermi pisciato addosso. Fumavo e guardavo attorno. Anche lei mi stava accanto. Sembravamo soli. E soli ci incamminammo verso un appartamento che conosceva ma che io neppure speravo quella sera così buona. Mi partì un bacio sulla guancia,quasi vicino al labbro. Sorrise e lo mise da parte. Lo rinchiuse nella piccola pochette dalla quale ora tirava fuori le chiavi. Aprì silenziosame e mi fece segno d'entrare. La seguì e vidi il suo corpicino avventarsi sul frigo. Sapeva di quanto fossi bevitore noir. Era china, cercava qualcosa che aveva davanti agli occhi, sussurrava piccole parole e sembrava sforzarsi di non crollare. Rimasi pochi attimi in piedi dietro di lei e senza inibizione l'afferrai per le spalle, delicatamente le girai il volto contro il mio, passò poco più d'un secondo e le infilai, ancora delicatamente, la mia lingua in bocca. (Fottetevi quando penserete io sia stato volgare, ma fu amorevole e sublime infilarle la lingua in bocca). Il divano era lontanissimo e l'alcool lo spingeva sempre più in là. Riuscì a spostare la sedia incastrata sotto un tavolo (del cazzo! immaginate adesso l'ira verso quel tavolo) e mi sedetti, si sfilò il jeans serratissimo e ci incastrammo. Le braccia divennero cinture che non lasciavano segno, le labbra, caramelle gommose da mordere, il mio pene la legava al piacere e la sua schiena si faceva attraversare dalle dita. Consumammo la voglia e col sesso e col rum finimmo la scorta di quella notte. Il silenzio che ascoltavo mentre vomitavo nel bagno di fianco alla tv accesa, mi tranquillizzava, mi rendeva sobrio. Era il suo turno adesso, io frugavo altro da bere. Quando il divano si avvicinò mi ritrovai i suoi occhi perplessi sulla coscia nuda. Mi chiesi perché fossi ancora lì e dove fossero finite le mie Marlboro. Raccolsi i vestiti con le mani da rastrello stanco. La porta si sdoppiava e iniziò a muoversi. Non sono sicuro d'aver fatto come i gentiluomini d'un tempo, salutando e ringraziando. Ricordo solo quella donna, breve e silenziosa. Per quella notte, il mio bicchiere preferito divenne lei.

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