Ciao a tutti.
Anche quest’anno ho deciso di dedicarvi un pezzo consistente del mio prezioso tempo, per farvi i miei più cari auguri per Natale e Capodanno.
L’anno scorso ho scritto solo una piccola lettera; quest’anno invece, ho deciso di fare le cose in grande.
Mettetevi comodi, rilassatevi, fate un bel ‘respirone’ e immaginate di essere adagiati su un comodo divano in pelle imbottito di piume, una preziosa bottiglia di ‘Calvados 88’, un vassoio pieno di ‘baci perugina’, il compagno o la compagna della vostra vita, un po’di musica in sottofondo, un piano… un sax… un blues… e questa mia lettera che vi accarezza i ricordi.
Io sarò li con voi, dentro la lettera, e vi farò un po’ di compagnia, come un fedele compagno di salotto.
Non so assolutamente cosa scriverò; al solito seguirò il mio pensiero, andrò avanti senza una meta precisa e senza un obiettivo.
Alcuni di voi hanno già ‘subito’ queste mie lettere strane… altri non ne hanno mai ricevute e rimarranno sorpresi: alcuni incantati, altri infastiditi.
Nessuno vi costringerà: se vi va di leggere andate avanti, se non vi va, fermatevi quando vi pare e… amici più di prima.
La libertà di fare o di non fare è il più bel regalo che possiate farvi.
Perché questa lettera…
E’ Natale!
Una volta i bambini scrivevano le letterine ai genitori.
Si cominciava sui banchi delle scuole elementari: il grembiulino azzurro, il collettino bianco, il fiocco, i capelli ben pettinati ‘con la scrima’ a destra… o a sinistra?
Istintivamente ho portato la mano alla testa… dove sarà stata la mia ‘scrima’?
Non riesco più a ricordarlo, ormai non si usa più!
Quel ricordo di ‘bambini puliti’ con le gambe viola e i pantaloni corti è svanito, non esiste più; n’è rimasta solo una vaga immagine, stampata su delle foto ingiallite.
In questo momento sono in treno, sul Torino-Lecce e impiego il mio tempo a registrare i miei pensieri, con estrema calma, un tasto la volta, con solo due dita.
Credo proprio che in questi giorno andrò a cercare queste foto ingiallite: il ricordo va ‘rispolverato’ ogni tanto!
“Miei cari genitori,
oggi è Natale ed è la più grande festa del mondo.
Questa notte nascerà Gesù Bambino e tutti diventeranno più buoni.
Anch’io che sono il vostro figlioletto diventerò molto più buono e più studioso.
Vi prometto che non dirò più bugie, che non farò più i capricci e che diventerò un bravo bambino.
Tanti baci e tanti auguri per il santo Natale.
Il vostro adorato figlioletto”
Le letterine che ricordo si compravano dal tabaccaio… 50 o 100 lire (ma non ho più la sensazione del costo); erano composte da 4 facciate ed erano piene di lustrini e di polverine d’oro e d’argento.
Non era facile scrivere ordinatamente, e si ‘tiravano’ delle righe a matita come traccia, per poi cancellarle a inchiostro asciutto… e già… allora si utilizzavano le penne stilografiche… la BIC non era stata ancora inventata… ricordo che avevo una fantastica Pelikan verdone e nera con un grosso pennino d’oro (vero? non credo) completamente esterno: quando non scriveva più, occorreva inserire completamente il pennino nella boccetta con l’inchiostro blu e girare il nottolino superiore in senso antiorario.
Poi era indispensabile eliminare accuratamente i residui di inchiostro rimasti all’esterno.
“Fai attenzione… non sporcare il lavandino! Asciugala con la carta assorbente… stai molto accorto alle macchie d’inchiostro, perché non vanno via!!!”
Arrivava puntuale la raccomandazione della mamma, della nonna, della sorella maggiore… insomma di tutte le ‘femmine’ che circolavano per casa!
Magari rovistando tra tutte le scatole sparse nel mio garage e nella soffitta della mamma, potrei anche trovarla la mia famosa Pelikan verdone!
Di sicuro troverei qualche letterina conservata dal mio papà..
Una volta preparata la letterina (con molta fatica e con almeno un paio di rifacimenti), si metteva nella sua busta e, con la complicità delle ‘femmine’ di casa, si metteva sotto il piatto o dentro il tovagliolo di papà.
E la tavola era ampia con tanti posti apparecchiati… i genitori, i fratelli, le sorelle, i nonni.
Noi usavamo il tovagliolo, perché se la letterina si metteva sotto al piatto, poi bisognava aspettare che si finisse di mangiare il primo; col tovagliolo invece, la sorpresa era immediata!!!
“L’hai nascosta bene? Mi pare che se ne vede un pezzettino!
E se se ne accorge prima di aprire il tovagliolo?”
La sceneggiata era poi sempre la stessa…
“Ma com’è, che questo tovagliolo è così grande, ma è anche pesante, ma, ma, cos’è questa cosa dura che c’è dentro?
Ma guarda un po’: una lettera!!! Di chi sarà?... Vediamo, Vediamo”.
E allora il papà con aria solenne, leggeva la ‘lunga’ letterina, scandendo bene le parole e prendendo il fiato tra una parola e l’altra, per farla durare il più a lungo possibile… e tu eri al centro dell’attenzione generale… si leggeva una ‘cosa’ tua… le tue promesse (da marinaio naturalmente, ma almeno per i primi anni avevi creduto veramente di riuscire a mantenerle)… i primi anni, qualche luccichio si intravedeva negli occhi dei grandi… un po’ di commozione… qualche ricordo della stessa situazione a parti invertite… il papà o la mamma bambini che ascoltavano il loro genitore leggere la propria letterina… 20, 30 anni prima… i nonni, anch’essi tornati in dietro nel tempo nel doppio ricordo di genitori e di bambini… 1920… quasi cent’anni fa!!!
Ricorsi di vita che si ripresentano alla nostra mente e a cui non possiamo sottrarci… occhi lucidi e lacrimoni che salgono inesorabili a popolarli, anche solo a ricordare… anche solo a leggere… anche a me che scrivo in questo momento.
La gente del treno mi guarda stranita; cos’à da piangere quello li! Sta pigiando sui tasti di quel computer, come se suonasse con due dita sul piano, ma adesso ha gli occhi lucidi e… ‘tira col naso’…
Ebbene si, i ricordi portano emozioni sottili, che non riesci a controllare; scriverli è come fissarli, acchiapparli per un istante e riviverli intensamente.
Poi tutto svanisce, ma lo scritto rimane, nero su bianco, per farti emozionare nuovamente quando lo rileggerai.
Adesso comunque è tutto ok e il viaggio prosegue.
Ho Francesco di fronte, che fino a poco fa sonnecchiava.
Adesso vuol mangiare: sospenderò un po’.