Il vento soffiava caldo tra le strade, facendo mancare il fiato
Una casa fatta di mattoni impastati e tetti cigolanti
Cucina con forti odori di spezie
Un giaciglio dove si dormiva in sette figli
Cani che latravano per i morsi della fame
E scarichi delle macchine che entravano nella casa, arrossendoci gli occhi
Qui era dove vivevo
Ma ero felice
La mia bambola sempre con me
Guai a chi la toccasse
Era compagna, confidente, amica
Gli sguardi in casa erano fatti di occhi tristi e circondati da aloni neri
La fame avrebbe poi portato a scelte che non avrei mai potuto capire
Avrei potuto sospettare, quando quella grande macchina nera si fermò davanti la nostra casa
L’ospite fu fatto accomodare e versato lui una bevanda fresca, per calmare l’arsura della stagione
Il suo sguardo si posò su di me
Uno sguardo che pensai tenero, come quello di un adulto nei confronti di una bambina
Quando partì via con la macchina, mi rivolse di nuovo lo sguardo, alzando anche la mano in segno di saluto
Rientrando vidi dei volti complici e silenziosi
Non avrebbero mai potuto trovare parole con un senso per quella scelta
Vidi delle rupie sul tavolo
Non avevo mai visto così tanti soldi
Scelsero loro il mio abito nuziale
Era davvero bello
Coloratissimo
E mi sentivo come una principessa, ma in un gioco fatto da adulti
Non avevo però capito cosa ci fosse dietro di grande
Ubbidii ciecamente a tutto quello che mi fu detto
Quando le feste iniziarono, mi ritrovai cinta con un girocollo raffigurante Shiva
E un anello al posto della mia bambola
I miei capelli nella scriminatura, una striscia di polvere rossa
Lo avevo visto altre volte
Simbolizzava una donna sposata
Si spensero le ultime luci
E quando fui condotta nella stanza nuziale, fu la mia prima e vera separazione da ciò che ero
La avvertii lungo la schiena
Quando entrammo nel letto non sapevo, non immaginavo
I suoi sospiri, gemiti
I gesti inconsulti
Il bruciore fu misto al dolore, di un marito poco accorto
Spossata, caddi nel sonno più profondo
E quando mi svegliai, la mano si pose subito dove fui fatta donna
Come per proteggerla, lenirla
Per dirmi che non sarebbe dovuto più accadere
Lo specchio sembrava avesse deformato la mia immagine
Non sapevo chi fosse quella riflessa
Sapevo solo che lo sguardo di chi mi aveva resa donna, era cambiato
Uno sguardo di possesso e distacco
Come se il giocattolo desiderato fosse stato preso, e ora solo cercato quando avrebbe deciso lui
La mattina dopo riuscii a lasciare la casa senza farmi vedere
Percorsi le strade affollate di Patna e arrivai al fiume sacro
Mi sedetti a cavalcioni, dondolando le gambe, proprio come la bambina che era in me
Passai diverse ore a guardarlo, come dovessi spiegargli prima qualcosa
Scesi lentamente, con la paura che mi attanagliava le gambe
Immersi un piede poi l’altro
Fino al ginocchio e poi fino al busto
Mi lasciai andare completamente
Le correnti mi portarono via, fino a sparire alla vista della città
Quando sentì l’acqua fredda che stava ormai impossessandosi di me, non ebbi paura
Lei era sincera e sapeva cosa avrebbe compiuto
Quell’uomo invece non lo aveva capito
E con lui tutti quelli che ci fanno chiamare “spose bambine”