Vieni, piccola mia, siediti accanto a me in questo gelido mattino d'un grigio inverno.
Lo vedi questo gomitolo di lana che cade a terra leggero come neve?
Prova a seguirne il filo; somiglia a una strada che si dipana con l'urgenza di essere vissuta. Puoi dargli il colore che desideri.
Il nostro è d'un azzurro intenso che ricorda il mare in perenne movimento.
Non devi aver paura, eccomi qui al tuo fianco, vedo il tuo volto accigliato e gli occhi un po' spenti. Hai ragione! Questo tempo assomiglia a una ferita da rammendare. Niente abbracci, niente passeggiate in libertà e una stranezza nell'aria indecifrabile.
Sbuffi, poi canticchi, poi salti, poi ti riavvolgi sulle mie gambe come quando eri un minuscolo fagotto che stringevo forte forte fra le braccia.
Se l'amore fosse un nastro, ti somiglierebbe. E se anche fosse un lungo discorso, avrebbe le nostre parole intervallate da silenzi.
Ti guardo quando pensi e immagino che tu t'immerga in un mondo fantastico dove le ferite non esistono affatto.
Eppure, piccola mia, rientra tutto nella prospettiva di un nuovo inizio: so che ti batte forte il cuore e che fai a gara con gli occhietti per non far uscire le lacrime. Orgogliosa qual sei, t'inventeresti le scuse più diverse per cancellarle.
Supponiamo che le ferite fossero macchie d'inchiostro, potremmo cancellarle? Strofinando con l'alcool forse ci riusciremmo, eppure ne rimarrebbe l'odore pungente.
Proviamo a fare un gioco: mettiamo in un angolo un sacco di juta e ogni volta che ci sentiamo tristi, senza dirci nulla, infiliamo le nostre ore stanche per alleggerirci.
A nascondino potrebbe funzionare: tu ed io, senza giustificazioni.
Piccola mia, il segreto è che noi siamo quel gomitolo, il suo filo, la sua direzione, i suoi incroci!
L'importante è non farci rubare i sogni e ridere dando strani nomi alle cose se non le conosciamo. Le risposte poi giungeranno e ci accorgeremo che i nostri fili non si saranno mai intrecciati invano.