Poi, per qualche istante, ritornavano i silenzi.
E tu tornavi a chiederti,
come il brano di Trenet,
che ne sarebbe stato, infine,
del nostro amore sterile.
E delle nostre giovinezze.
Ora che ad Atene s’incendiavano i palazzi
e la democrazia era un insulto.
Per qualunque intelligenza.
La deriva del vecchio continente.
Pisciare per le strade è più volgare che pisciare sui cadaveri.
O in bocca al Capitano.
Le Siberie trapiantate tra l’Emilia e il centro-sud.
Congela ogni progetto e non curartene. Per i prossimi 30 anni.
La nostra prospettiva è una promessa andata a male
mentre termina il TG dell’edizione delle 20.
Nessuna novità dal fronte occidentale.
Nei titoli di coda
Remarque rivive sempre.
Le giornate che hanno il peso
di una marcia di elefante.
Le esistenze che diventano
barili consumati.
Per raschiare altre emozioni
potremmo darci fuoco come i monaci del Tibet
o le vittime del Fisco.
E avremo, come loro, il nostro spazio in prima pagina.
Giusto il tempo che abbia eco
in un normale lunedì
tra le code in autostrada
e le neo offensive turche.
Poi mi dici che, magari,
dalle gru dove si arrampicano i padri licenziati
e gli operai cassintegrati,
ci verrebbe un po’ più facile
giocare con le stelle.
Che a volte, per resistere,
il trucco sta nel fingere di non aver lasciato mai
l’età dell’innocenza.
Che tanto tutto il resto,
persino il nostro amore,
è solo un vuoto a perdere.