Era una splendida giornata di sole, e decisi di accettare l'invito di un mio amico che viveva isolato in campagna, abile scultore.

Una volta parcheggiata l'auto nel cortile della casa di Glauco, una ex fattoria parzialmente ristrutturata, sentii la sua voce roca, era un accanito fumatore di sigari.

Come al solito mi accolse con un forte abbraccio.

“Vieni dentro, c'è del caffè caldo... un po' bruciato, ma basta mescolarlo con dello zucchero di canapa è sarà buonissimo.”

“Sono sicuro che in questo luogo idilliaco staremo beatamente tranquilli.” Finita la frase con un tono ironico, cercai un posto a sedere su un lembo del divano libero da scartoffie. Era difficile nella sua abitazione trovare uno spazio libero da pile di libri, riviste, dépliant, foto di luoghi esotici dove aveva soggiornato. Un disordine totale dove solo lui sapeva orientarsi. In realtà però adoravo la casa di Glauco, un rudere di campagna che lui con le sue robuste mani aveva messo a nuovo, immersa in questo isolato lembo di Natura incorrotta e molto distante dagli abitati circostanti. Attorniata da un esteso spazio verde, passeggiando potevi trovarti di fronte inaspettatamente a sculture realizzate da lui, raffiguranti corpi contorti e sofferenti con braccia levate verso il cielo, in cerca di uno spiraglio di redenzione, o imbatterti, dopo aver oltrepassato un alto cespuglio, in vecchie carcasse d’auto d'epoca arrugginite e devastate dallo scorrere del tempo, o correre il rischio di inciampare su numerosi altri strani oggetti, come un totem con scolpiti orsi, uccelli, rane, persone e vari esseri soprannaturali che lui aveva raccolto durante i suoi soggiorni in America presso riserve dei nativi indiani. Glauco era alto di statura e pur avendo superato gli ottant'anni aveva un fisico solido, simile a uno scaricatore di porto o a un lottatore di lotta creco romana, in contrasto a un animo gentile e raffinato. Aveva saputo fondere la sua sensibilità creativa con la propensione all'aiuto degli umili, vagando al seguito di associazioni di volontariato nelle favelas brasiliane, o nelle bidonville africane o nelle riserve degli indiani del nord america. Aveva donato statue in questi luoghi, per poi, in pensione, dopo l’insegnamento in un'accademia d'arte, ritirarsi conducendo una vita da eremita in questa oasi verde.

“Tu scherza pure quanto vuoi, prendimi in giro, ma a me è accaduta un'esperienza che ha dell'incredibile.”

“Che vuoi dire Glauco?"

“Parecchi giorni fa, la mia amica poetessa Gina Versi portandosi dietro una medium è venuta a trovarmi, e appena entrata in casa la medium ha avuto una sensazione angosciante.”

“Sì. Che intendi dire? Casa tua è sempre stata un'oasi di pace e tranquillità.”

“Non mi credi! Ascolta, appena varcata la porta, si è arrestata di scatto, e si è guardata in giro con un'aria seria, poi mi ha detto che in questa casa era morto qualcuno, di morte violenta. Così… di colpo, sono rimasto senza parole, perplesso, e poi le ho risposto: qui, che io ricordi, è morta mia nonna... Maria, aveva cresciuto già tutti i suoi figli, che poi si erano sparsi per il mondo. Ma si era trattato di una morte serena, naturale. Si era spenta addormentandosi sulla sua poltrona preferita. La medium è rimasta in silenzio, e poi ha aggiunto: allora dev'esserci stato qualcos'altro... parecchio tempo fa.. perché qua... si tratta di una morte violenta. Io invece mi sono sempre trovato benissimo qua, anche da solo, con le finestre aperte, cioè: era casa mia. E vabbè... Nò, qui ho una sensazione di morte violenta, ripete lei, poi mi ha chiesto una candela, è salita le scale che portano di sopra. Qui è stata uccisa una ragazza di sedici anni, che era incinta, dal padrone di casa.”

“Addirittura un omicidio. Diavolo!" Il racconto di Glauco si faceva interessante. Glauco mi allungò un sigaro avana che io accesi.

“Dev'essere stato angosciante immaginare che nella propria abitazione sia avvenuto un fatto di sangue.”

“Infatti, te lo giuro, restai pietrificato... non sapevo neanche che domande fare.” Glauco prese dalla credenza un fiasco di vino.

“Aspetta, beviamoci un bicchiere di buon vino «Teran».”

“Ma le hai chiesto come faceva a sentire, a avvertire questa presenza?” Glauco bevve un lungo sorso e io feci altrettanto. Poi continuò il racconto.

“No, ero rimasto ammutolito. Poi ha disceso le scale, è uscita in cortile e si fermata laggiù, su quel lato della casa, e dice: è stata sepolta qui, e mi ha detto anche il suo nome, Emma.”

“Cavolo!” Esclamai.

Poi Glauco continuò: “Emma... è una ragazza giovane, perché ha le sottane corte...”

“Quindi lei la vedeva?”

“Sì, poi la medium ha indicato un punto per terra. E qui, io vedo una cosa bassa... colpi di martello... La casa è sempre stata così, e allora sai ho cominciato a dubitare. E poi se ne sono andate, dovevano rientrare.”

 

“Però, si riferiva ad un'epoca precisa?”

 

“Di certo non a questi ultimi cinquant'anni. Perché poi ricordai che qui all'inizio del secolo c'era un'osteria. Cento anni fa, forse l'unica del paese. Allora poi ho riflettuto. Lei vedeva una cosa bassa, perché? Poi indicò anche il punto esatto, da quella parte. Di là, vicino alla tettoia c'era il vecchio porcile. Sai, era una costruzione bassa, di legno e mattoni. Allora per una questione di rispetto, io non è che abbia voluto andare lì, dove mi aveva indicato la medium, per scavare e magari verificare se c'erano delle ossa. Però pensando intensamente a questa triste vicenda. Io ho detto: guarda, se tu vuoi essere sepolta con le tue ossa dove riposa mia madre, senz'altro lei ti riceve.

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