Padre Callahan sapeva che perdere la speranza era un peccato.
Sapeva pure che, da tempo, la Chiesa aveva rivisto alla radice il concetto di proselitismo.
Convertite con l’esempio, non con la parola era il precetto cui adeguarsi. E, ovviamente, era una bella responsabilità. Un peso in grado di spezzare molte schiene.
Doveva dunque sperare e, soprattutto, dimostrare di credere che, almeno quell’inverno, la grande chiesa al limitare del bosco si sarebbe riempita.
Tuttavia…
Rabbrividì ed alzò lo sguardo verso Mjollnir, alta nel cielo. I nativi la chiamavano Broofgr. Forse era un errore. Forse avrebbe dovuto usare i nomi indigeni. Forse la colonizzazione passava, in qualche subdolo modo, anche attraverso le parole.
«Broofgr» mormorò cercando di imitare la gutturale parlata locale. Già. Ma allora chi avrebbe colonizzato (convertito) chi?
Rabbrividì ancora, come se il semplice fatto di nominare la grande luna ghiacciata avesse fatto abbassare la temperatura.
Alieni pensò e, subito dopo, come, ancora una volta, evocata dai suoi pensieri, la sagoma imponente di uno di loro si stagliò contro la linea scura degli alberi e avanzò sulla radura già coperta da ampie chiazze di neve.
Alzò il braccio in segno di saluto, anche se sapeva che, a quella distanza, l’altro non avrebbe potuto vederlo. I Griz (gli era più facile chiamarli così, dopotutto) erano miopi.
Rientrò in casa e cominciò a preparare il the. Non voleva mettere a disagio l’ospite infliggendogli la temperatura, per lui troppo alta, della propria abitazione. E poi un Griz sudato non aveva un odore piacevole. Mentre andava a prendere il giubbotto udì la veranda scricchiolare sotto gli oltre duecento chili del suo visitatore.
Si affacciò e lo riconobbe dalla sottile striatura più chiara sul muso (viso viso viso si disse). Era Brog, lo sciamano (in mancanza di un termine migliore). In un certo senso, un collega.
Nonostante quattro anni di missione, non si era ancora abitato del tutto al loro aspetto e non perché fossero alieni. Al contrario: era quella sconcertante sensazione di familiarità. Quando ne incontrava uno, doveva ripetersi che non stava parlando con un gigantesco orsacchiotto di pezza.
Porse la tazza al Griz e si sedette su una sedia a dondolo sperando che l’altra reggesse il peso dell’invitato. Brog era ingrassato dall’ultima volta che lo aveva visto. Senz’altro stava preparandosi al letargo.
«Allora?» chiese alla fine padre Callahan «Verranno?».
Il Griz rimase un po’ a guardarlo reggendo la tazza fumante che, nelle sue zampone pelose, sembrava una tazzina da caffè.
«Oggi sono qui io» rispose l’altro «Domani probabilmente verrà Trogn e, il giorno dopo, Wugfe con i piccoli». Lappò delicatamente il liquido nella tazza. «Penso che verranno in parecchi, prima che ci ritiriamo nelle dimore invernali».
«Niente riunioni?».
L’altro lo guardò con un umanissimo scintillio ironico negli occhietti neri.
Devo ricordarmi che è dannatamente intelligente – pensò Callahan – se non hanno una società tecnologica è solo perché non ne hanno sentito il bisogno, ma questo bestione supererebbe in QI molti miei vecchi parrocchiani. E anche me, probabilmente.
«Questa mania di voi spelacchiati per i grandi gruppi è davvero divertente… oh, mi scusi padre».
«Be’ noi sentiamo il bisogno di stare accanto ai nostri simili… anzi …».
«Sì, sì, ho ben presente questa vostra… frenesia di contatto».
Padre Callahan pensò con un vago senso di colpa al quotidiano, frenetico scambio di messaggi con gli altri stanziamenti di coloni e persino con la grande nave madre in orbita tra il satellite e il pianeta.
«Vede, per noi il vicino non dovrebbe essere semplicemente chi ci sta accanto. Per la parte più nobile di noi dovrebbe essere… prossimo e…».
«E questo… questo essere prossimo, secondo quanto ho sentito dire, è per voi un valore, una cosa buona. Ma non è semplicemente uno starsene appiccicati?».
Padre Callahan s’irrigidì sulla sedia. Forse il Griz non intendeva essere offensivo. Comunque non era il caso di farglielo notare.
«Vi abbiamo osservato parecchio, sa? Ci ricordate molto i murgw».
A padre Callahan venne in mente un branco di cervi. Non sapeva esattamente perché, ma probabilmente andava bene lo stesso. E non c’era la faccenda del gregge e del pastore, dopotutto?
«Un murg sa che, da solo, ha poche possibilità di sopravvivere. Insieme ai suoi simili le possibilità aumentano. Non solo. Sa anche che, se gli capita qualcosa, il branco si prenderà cura della sua prole… e non sono forse i figli la nostra unica possibilità di immortalità? Non possiamo sopravvivere al 100%, come individui, ma un figlio ti dà la possibilità di sopravvivere al 50%. Sempre meglio di niente».
«Non è un po’… meccanico?» obiettò Callahan. Suonava vagamente polemico, soprattutto se si considerava che i Griz non avevano un buon rapporto con la tecnologia, ma non era riuscito a trattenersi.
«Perché? I comportamenti che fanno sopravvivere il gruppo aumentano le pur modeste possibilità d’immortalità dell’individuo, quindi la socialità è solo un sistema più raffinato di individualismo. Ecco perché i comportamenti che fanno sopravvivere il gruppo, socialità, altruismo, sono valutati positivamente».
Brog appoggiò la tazza accanto a sé. Evidentemente, il the era troppo caldo.
«Per noi è diverso – proseguì – noi ci raduniamo solo una volta l’anno per il letargo. Per i due terzi della nostra vita stiamo da soli. Del resto non abbiamo nemici naturali. A differenza dei murgw e dei vostri antenati selvaggi, probabilmente. Ai fini della sopravvivenza dei nostri figli (e, di riflesso, ai fini della nostra cosiddetta immortalità) il gruppo è molto meno importante. Di conseguenza la socialità è meno importante. Però…».
Il Griz si allungò sulla sedia, che gemette.
«Sa, padre, penso che quel vostro starsene ammassati faccia lievitare l’aggressività, o almeno contribuisca. Stretti l’un l’altro come siete, prima o poi vi sentite soffocare e, prima o poi, tutta quell’aggressività repressa esplode. Se non contro di voi, contro altre razze. Per noi succede molto più raramente, prova ne sia che anche la quantità e non solo la qualità dei nostri strumenti difensivi è di gran lunga inferiore alla vostra. Un inverno, per quanto lungo possa essere, finisce abbastanza in fretta, soprattutto se lo si trascorre in gran parte dormendo».
Padre Callahan stava rabbrividendo di nuovo, ma, stavolta, non c’era giubbotto che tenesse.
Alieni – pensò – sembrano orsacchiotti formato gigante, ma non lo sono. Non lo sono per niente… ed è così che ti fregano – e, subito dopo – chi colonizza (converte) chi?
Tra tanti dubbi, un fatto era certo: sarebbe stata una missione molto difficile.