Quando arrivo c'è Giacomo al bancone d’ingresso. Il suo sorriso grassoccio mi accoglie con la stessa benevolenza che la gente ostenta in mia presenza da cinque mesi.
Di solito si dice che tutti ti amano quando sei morto, non credevo che lo stesso valesse anche per chi ha avuto una crisi depressiva. La gente snobba le persone che hanno problematiche del tono dell’umore, ridimensionando i loro problemi. "Su con la vita", ti dicono, " pensa positivo", "vedrai che andrà meglio".Ma le altre persone non vivono la tua vita. Non si alzano al mattino con un macigno sullo stomaco chiedendosi almeno mille volte al minuto cosa mai dovrebbero trovare di interessante in quella giornata. Non vedono i minuti come intere ere di agonia. Non si svegliano pensando se sia giusto vivere con tutto quel dolore dentro. Per loro è semplice, basta una parola e tutto passa.
- Ciao Giacomo - lo saluto, schivando il suo sorriso. Fuggo nella mia stanza mentre lui cerca di dirmi qualcosa. Appena apro la porta c’è ancora quel maledetto, orrendo profumo di Marsiglia. Ma stavolta non è Mario ad indossarlo. È una donna. Un' anziana. È cinese.
Mario, ma che combini? penso, colta di sorpresa da un'immagine grottesca di lui che se la fa con questa vecchia. Dato che a Prato ci sono più cinesi che italiani non mi dovrei neanche stupire che mi abbia tradito con una cinese. Ma diavolo, è così vecchia! Avrà più di settant'anni!
- Buonasera? - chiedo con imbarazzo, cercando di sopprimere tutti i pensieri malevoli che mi intasano la mente.
- Buonasera - risponde lei, con quel tipico accento cinese che confonde la R con la L (anche se non si sente molto).
- Posso esserle d'aiuto? -
- Il suo collega ha detto che potevo rivolgermi a lei - risponde con la tranquillità delle persone orientali.
- Volevo denunciare un furto. -
Spero sia perso per sempre, grido dentro di me.
Mi siedo ed accendo il computer.
- Mi descriva cosa le hanno rubato. -
- Per me è molto importante - comincia lei - lo abbiamo da almeno quattro generazioni in famiglia. Se venisse perso non può immaginare quanta vergogna porterei alla mia famiglia.
No, ma posso immaginare quanto ti coprirò di vergogna io non appena smaschererò te e quello stronzo di mio marito.
- Di cosa si tratta, signora? -
- Le spiego. Oggi, saranno state le cinque o le sei del pomeriggio, stavo riposando sulla poltrona del mio negozio.
- Ha un negozio? - chiedo, immaginando nel contempo a come avrei potuto mandarlo in malora.
- Esatto, si trova in via Valentini. -
- Ah – sbuffo sorpresa – la stessa via del ristorante Fujiyama. -
- Esatto, esatto. Noi siamo nella piazzetta che si incontra dopo le scale che portano al ristorante. -
È dove quel porco di Mario mi ha portato a San Valentino per mangiare il sushi!
- Le dicevo – continua la vecchia – ero seduta che mi riposavo. Mia nipote, che mi dà una mano di tanto in tanto, era nel retrobottega a fare un po' d'inventario. Ed ecco che entra quest’uomo. Nonostante la pioggia portava gli occhiali da sole ed un cappello molto elegante, che si intonava molto bene col suo completo. Aveva il fiato corto, sembrava avesse corso una maratona. Si è guardato attorno come se cercasse qualcuno da cui nascondersi. Poi, notandomi, mi chiede un sacco di oggetti in rapida successione. “Ho bisogno di una confezione di candeggina, una scatola di guanti per le pulizie, una spazzola con setole dure e di un paio di mascherine tipo quelle chirurgiche”. Lo guardo sbigottita e, un po’ frastornata, gli indico la corsia giusta. -
Ma quanto parla questa sgualdrina?
- E poi cos’è successo? -
- Mi assopisco, ma vengo risvegliata diversi minuti dopo con irruenza da mia nipote. “Zia, zia! Il vaso, il vaso! È sparito! Non c’è più, non c’è più!”. Mi alzo e guardo sulla mensola dove lo tenevo, vicino alla cassa. Era sparito. Svanito nel nulla. Eppure poco prima era lì! Prima di rilassarmi sulla poltrona mi ci ero avvicinata per respirare gli odori della mia infanzia! -
Ben vi sta. Ci invadete la città e ci rubate i mariti!
- D'accordo signora, ma mi può descrivere questo vaso? Era di valore? - le chiedo mentre apro svogliatamente un file vuoto sul computer.
- Non era di valore, almeno, non per come lo intendete voi occidentali. -
Si crede anche superiore.
- Ma è un vaso con un grande valore affettivo. Come le dicevo, è da quattro generazioni che viene tramandato all’interno della mia famiglia. I miei avi praticavano la medicina tradizionale cinese, e quel vaso, ampio, panciuto e capiente – continua la vecchia, descrivendo delle forme arrotondate e grandi con le mani grinzose – veniva usato per stipare le erbe più rare e costose. Capisce perché ci tengo tanto? -
- Certo, certo signora – le mento – ma può dirmi come era fatto? Quanto era grande? Di che colore era? -
- Se ti avvicinavi sentivi un bel profumo provenire da esso. Per almeno un secolo è sempre stato colmo di tutte quelle erbe curative, ma anche aromatiche. Io ci sento sempre quell’odore pungente ma delicato del ginseng, che mia nonna mi dava sempre quando mi sentivo stanca e sotto pressione, mentre mia nipote ci sente il profumo calmo, profondo ed impegnativo dell’eleuterococco, forse perché gliela davo sempre quando le prendevano le crisi d’ansia. -
Ma sei stupida? Ti ho chiesto di descrivermi il vaso! E poi lo odio quell’odore nauseabondo delle vostre erbe idiote!
- E il vaso com’era fatto? -
- Oh, vede era alto su per giù così – dice l’anziana, indicando la mia scrivania – ed aveva un’apertura ampia, che scendeva giù allargandosi – continua, allontanando le braccia più che può e congiungendo le mani in modo da formare un cerchio davanti a sé – ed era bianco come la porcellana, con dei lineamenti blu che andavano a descrivere dei paesaggi stilizzati della regione da cui proveniamo, il Guangdong. Ah! -
La sua esclamazione finale mi fa sobbalzare.
- Quasi me ne dimenticavo! - mi dice, come se avesse appena visto un fuoco d’artificio scoppiargli davanti - Mia nipote un mese fa ha installato delle telecamere all’interno del negozio! Le possono essere d’aiuto?
Oh, certo che mi saranno d’aiuto, penso, immaginandomi già di incastrare Mario mentre se la fa con questa mummia negli angoli riparati del negozio.
- Ha fatto bene a dirmelo signora - le rispondo, nascondendo un sorriso malevolo - di sicuro se è stato quell’uomo a rubare il vaso le telecamere lo avranno visto.-