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Salvo si destò al primo tocco della campana. La stanza era in penombra e dalla finestra veniva un leggero chiarore tutto invernale; come di quando la nebbia indugia fino a giorno fatto. Era un chiarore innaturale: qualcosa di metafisico. Perciò Salvo si ricacciò sotto le coperte, in attesa del secondo rintocco. Arrivò ancor più grave, dilatato, solenne. Su una slitta nera veniva uno scheletro ghignante. Disegnava una immensa “S” di cenere mentre solcava il cielo poco più nero: soltanto schiarito da qualche agglomerato di nubi. “Ma su! Sciocchino! E' la notte magica! Nasce Gesù in una grotta! Un bue e un asinello gli fanno calore con il fiato!” Mia madre voleva essere consolatoria con questa descrizione della buia notte che s'appressava: pregna di odori forti di cucinato, melense tracce di leccornie celate a noi bambini e l'incombente scuro sudario notturno attraversato a tratti dal suono pesante e truce della campana della Collegiata. “DOOOOOOOON!”
Curvati dalla immane fatica di una camminata di miglia e miglia seguendo una luce, venivano vecchi regnanti a rendere omaggio. Non si sa nulla di loro. Né di dove vengano né di dove vanno. Immersi in una sabbia che turbina loro intorno sono notte nella notte, illusi solo dal lontano lucore di una luce. Ogni tanto si ode un verso slabbrato di cammello, un belare di capre; qualche tintinnio annuncia una gregge nelle vicinanze. Ma niente: è completamente buio e i tre si toccano a vicenda. “Ci sei? Ci siete? Non vi vedo!”
Salvò si ridestò al decimo tocco della campana. Un ritornello infinito quella notte a cui si aggiungeva il puzzo sacrificale delle frittelle di mela. Avete mai concepito qualcosa di più distante tra il fritto e la mela? Forse le aringhe e la cioccolata? “Ma che ne capisci tu! E' la tradizione!” si faceva pulpito la nonna dall'alto del grembiule rosso con i fiocconi bianchi di neve.
Oh, se questo Natale potesse scorrere via come il sonno! Se si potesse saltare come un fosso! Se potessimo essere già alla Befana e arrivasse sbuffando qualche trenino dal corridoio! Se fossimo già nel Nuovo anno e non dovessimo annusare la tonaca di Don Pino, le sue mani che sanno d'olio canforato, il suo collo rosa. Se fossimo oltre i regalini nel sacchetto rosso, la lozione per papà, il panettone a chi lo porta più buono (record detenuto dal cugino imprenditore di nonno che li prende artigianali dalla Sicilia... il pistacchio che rimane attaccato alle dita e di qui agli stipiti delle porte, alle reversine dei letti)! “Zio colla! E' il panettone di Zio colla!” avremmo detto a tutti come giustificazione. Perché di colla aveva anche le guance, a cagione di una lozioncina paesana a base di agrume che lo faceva sapere di candito.
DONDONDONDONDONNN ora le campane suonavano a distesa, con intenzione festosa! Bottone tre della pulsantiera della Sagrestia “SUONO GIOIOSO!” La notte ne era squarciata come un uovo non più abitato. Si sbriciolava. Tanto valeva mettersi in piedi e trascorrere il tempo guardando fuori dalla finestra le scie che lasciavano le macchine, la gente, i festoni colorati, le stelline sfavillanti, le renne “rennanti”, la slitta “slittante”... Dalle altre finestre bambini in cappotto e ciabatte facevano ciao con la manina a chissà che cosa. E sorridevano tutti. Perché Salvo no? “Salvo... ma che ti piglia... sei sempre così... ingrugnato!” Era l'aggettivo che papà aveva associato a me: ingrugnato! E non aveva torto. Riconosco che ero un bambino molto difficile da gestire. Ma già allora non riuscivo a godere nemmeno un po' di tutto quel bailamme. Qualcosa nell'anima o nella testa mi diceva che laddove noi festeggiamo ai massimi livelli c'è chi ai massimi livelli soffre. Che non c'è mai e mai ci sarà un “mio benessere” senza che qualcuno stia male all'opposto di esso. Non è così che funziona l'economia? Lo sanno tutti ma a tutti conviene non sapere. Certo lo so: non potremmo gustare il panettone artigianale, il torrone locale, il prosecco millesimato. E' una sorta di quota proporzionale, che proporzionale non è mai. Troppo da una parte e troppo poco dall'altra. L'unica nostra fortuna è essere nati nella porzione del mondo che ancora conta quel poco da permettere (non a tutti) di mettere un involtino a tavola. STOP! Non voglio fare il pistolotto morale. Nessuno ed io per primo siamo in grado di farlo (ognuno per i suoi motivi). Ma soltanto il fatto che quell'uomo che festeggiamo, nato in una grotta se vi fosse nato adesso sarebbe dovuto essere portato in salvo dalle macerie con buona pace del bue e dell'asinello e forse anche di San Giuseppe, vecchierello, beh... questo solo fatto mi fa sentire parte di un mondo di imbecilli.
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