La macchina si ferma con uno stridio, sollevando uno spruzzo di ghiaia. Intorno non c’è nulla, solo la campagna coperta dal torpore dell’inverno e un casolare in pietra. “Un buon posto per sparire nel nulla.” Mi volto verso di lui, in attesa. I suoi occhi non dicono nulla, non contengono una sola traccia di disperazione, solo la determinazione di andare fino in fondo.Potrei rappresentare un ultimo ostacolo, ma non intendo esserlo.
“Scendi.” Lo fa prima lui di me. Tira fuori il coltello e si abbassa. Sento un sibilo e l’auto si affloscia su un lato. Apro la portiera e sono in piedi di fronte a lui. Vorrei chiedergli dove andrà e augurargli buona fortuna, invece mi esce solo uno stupido: “Grazie per non avermi fatto del male.”
Lui annuisce, poi con voce ruvida mi dice “Il telefono qui non prende, ma se torni sulla strada principale e prosegui verso la città potrai chiamare qualcuno.” Mi guarda in silenzio, poi prosegue:“Grazie Agata.”
Tocca a me annuire stavolta. Fa per andarsene e sento la mia voce che gli chiede: “Come si chiama tua figlia?”
“Camilla.”
Non è così difficile fare follie per amore, se sembra l’unica strada possibile la si percorre e basta. Poco importa che conduca all’inferno.
Lui guida e ogni tanto mi guarda. Non credo ci sia paura sul mio volto, ormai mi succede raramente di provarla. Dopo quello che mi ha fatto Claudio, dopo ciò che mi ha tolto, è difficile toccarmi.
“Scriverai di oggi?” Non credo che gli importi, non è la notorietà che cerca. Vuole solo che sua figlia viva. “Non mi occupo di cronaca.” Rispondo quietamente.
“Non mi è servito a niente prendere una giornalista allora.”
“Tu cerchi dei soldi, non i riflettori.”
“Perché non è quello di cui ha bisogno mia figlia. La pietà della gente non la salverà.”
Vorrei dirgli che lo so, perché l’ho provato sulla mia pelle.
“Non hai paura che la polizia ti trovi?” La mia non è una provocazione, vorrei solo capire cosa gli passa per la testa. Non sta a me giudicarlo, non dopo quello che ho saputo.
“Se avessi avuto la possibilità di salvare la tua bambina non avresti rinunciato alla tua vita?”
Tante volte, quando sono uscita dal coma, mi sono chiesta con le lacrime agli occhi perché Claudio non avesse ucciso me soltanto. Ma io ed Ester eravamo indissolubilmente legate.
“Perché lo fai? Rischi così tanto solo per qualche centinaio di euro?” Lo sento che c’è qualcosa dietro, che non è l’avidità a guidare le sue azioni.
“Sei mamma tu?” Trattengo il fiato. Vorrei dirgli di sì, io sarò sempre la mamma di Ester, invece mi esce in un soffio “Lo ero.”
Lui aggrotta la fronte, esita. “Mia figlia è malata. Secondo i medici morirà e non c’è nulla che possa salvarla. A meno di non avere tanti, tanti soldi. In America esiste una cura, è l’unica possibilità che abbiamo.”
Ora tocca a me, ma mi serve un po’ di tempo, nonostante ne sia già passato tanto. “Ero incinta all’ottavo mese. Il mio compagno era un violento, mi aveva già picchiato altre volte, ma non mi bastava, lui doveva cambiare, nostra figlia lo avrebbe cambiato.” Non mi escono lacrime, tutte quelle che avevo le ho già buttate fuori, insieme alle urla, alla rabbia disperata che mi ha portato ad un passo dal suicidio. “Mi spinse e cadendo dalle scale finì in coma per quasi due mesi. Così ho perso Ester ancora prima di averla tra le braccia.”
Avrei potuto essere altrove, ma la spia della riserva mi ha tradito, mi sono dovuta fermare a fare benzina, nello stesso posto che per motivi diversi ha scelto lui. In un attimo divento il suo lasciapassare, la lama spinge contro la mia gola ed io risalgo in macchina con uno sconosciuto rapinatore.